Modella violentata e picchiata a Roma: «L?Italia non mi risarcisce perché sono australiana»

Stuprata in vacanza a Roma da un romeno senza fissa dimora, non otterrà alcun risarcimento dallo Stato italiano. O meglio, la sua domanda al “Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso e dei reati intenzionali violenti” è stata respinta perché cittadina non italiana né comunitaria, e a lei, tramite il suo legale, l’avvocato Mario Rinaldi non è rimasto che intentare causa al ministero dell’Interno contro la decisione presa dal Comitato d’esame, che definisce «discriminatoria, per me e per tutte le donne». Dopo oltre un anno dal ricorso, presentato nel maggio del 2021, il 18 gennaio, si sarebbe dovuta svolgere l’udienza relativa che, invece, è slittata d’ufficio al 4 aprile. «Dopo sei anni da quella maledetta notte in cui quell’uomo mi picchiò e abusò di me che ero incosciente – spiega ora la vittima – sono ancora alle prese con la giustizia italiana e non riesco a chiudere una volta per tutto e a lasciarmi alle spalle questo doloroso capitolo della mia vita». 

La signora oggi ha cinquantacinque anni e a Roma, come giurò all’epoca dei fatti, non ha più rimesso piede. Modella, ne aveva 49 quando il 3 ottobre del 2016 venne avvicinata dal 41enne Eduard Oprea, con precedenti per stalking, nei pressi di un bar non lontano dalla stazione Termini e dall’albergo in cui alloggiava in quel momento. Lei non ricordava bene la strada per tornare in hotel, chiese informazioni e lui si offrì con modi gentili di indicarle la strada. 

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IL RACCONTO

Ma dopo pochi metri l’australiana si accorse di essere stata portata verso un angolo buio e isolato del centralissimo parco del Colle Oppio, a due passi dal Colosseo. «Non ho avuto neanche il tempo di rendermi conto di nulla – raccontò all’epoca al Messaggero dal letto dell’ospedale San Giovanni dove era ricoverata – che sentii un grande colpo in pieno viso che mi stese a terra. Poi mi sono risvegliata denudata e senza più la borsa con i soldi, il cellulare, la catenina e gli orecchini: quella belva me li aveva strappati via senza pietà». La donna ebbe una prognosi di 30 giorni, il naso fratturato e il viso devastato. Il caso destò enorme clamore. L’episodio così drammatico e cruento fece il giro del mondo. E su Roma «città insicura per le donne» si scatenò la bufera. In prefettura si susseguirono tavoli su tavoli per la sicurezza, i cancelli del Colle Oppio vennero chiusi la sera e nel parco – così come negli altri della città – fu deciso un rafforzamento dei controlli. Oprea fu rintracciato e arrestato (si era nascosto nel Viterbese) dagli investigatori della Squadra Mobile di Roma qualche giorno dopo, inchiodato dai riscontri sul Dna. 
 

LA CONDANNA

Il romeno fu condannato prima a 12 anni e 6 mesi di reclusione, poi ridotti a 10 anni in seconda battuta (nel 2019) e confermati in Cassazione (nel 2020). Presentò ricorso avverso la sentenza, ma fu rigettato. La 49enne avrebbe avuto diritto a un risarcimento stabilito dal giudice in 50mila euro. Ma quei soldi non li ha mai visti. «Inutile presentare una causa civile per ottenerli – spiega oggi l’avvocato Rinaldi – poiché il romeno è nullatenente. Inoltre, si è avvalso del patrocinio gratuito dello Stato e, quindi, lo Stato stesso, per legge, non può provvedere. Ecco perché la mia cliente si è rivolta al Fondo per le vittime di violenza e reati mafiosi, come avrebbe fatto qualsiasi altra assistita in un caso del genere. Ma ecco la sorpresa: il Comitato di solidarietà istituito in prefettura il 17 febbraio del 2021 ha rigettato la domanda in quanto la cittadina è australiana e non risulta stabilmente residente in un Paese europeo».

Secondo il legale, però, la motivazione sarebbe stata emessa «sulla base di una interpretazione abnorme della normativa italiana di applicazione e della relativa Direttiva Europea», la 80/2004 che prevedeva l’istituzione di un fondo in aiuto delle vittime. «Si è leso un diritto fondamentale e inviolabile della persona – denuncia l’avvocato Rinaldi – la legge non opera alcuna distinzione o limitazione all’accesso al beneficio basata sulla nazionalità o sullo stato di residenza del richiedente, pertanto qualunque soggetto di qualsiasi sesso, nazionalità, religione e credo politico, come richiamato dalla Costituzione, si dovesse trovare in detta malaugurata situazione dovrebbe essere ritenuto destinatario del beneficio. La mia assistita è incredula, quando le ho detto che pure l’udienza per il ricorso era slittata, non voleva crederci. In Australia, a parti inverse, la vittima di violenza sarebbe stata risarcita e in tempi brevi». 
 

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