Scuola, Valditara riesuma le gabbie salariali: “Stipendi differenziati per regioni, anche con finanziamenti privati”. Sindacati contrari

La scuola pubblica ha bisogno di nuove forme di finanziamento, anche per coprire gli stipendi dei professori che potrebbero essere soggetti a una differenziazione regionale. E per trovarle si potrebbe aprire alla partecipazione dei privati. Parola del ministro dell’istruzione e del merito Giuseppe Valditara. Durante un webinar organizzato da PwC e Gedi l’esponente leghista ha aperto di fatto al ritorno delle “gabbie salariali” (salari legati al costo della vita) abolite nei primi anni Settanta e sostenuto che bisogna “trovare nuove strade, anche sperimentali, di sinergia tra il sistema produttivo, la società civile e la scuola, per finanziare l’istruzione, oltre allo sforzo del governo”. Esistono già, ha poi ricordato Valditara in question time, “meccanismi di incentivazione” per attrarre investimenti privati nel sistema dell’istruzione e della formazione, ma sono “poco conosciuti” e “non sono ancora sufficienti”.

Qual è quindi il piano? “Il mio obiettivo”, dice il titolare del ministero che con il governo di centrodestra è diventato del “merito, “è quello di elaborare ipotesi, anche sperimentali e tenuto conto delle opportunità offerte dal Pnrr, volte a favorire la sinergia tra il sistema produttivo, la società civile e la scuola, nella consapevolezza che ci vorrà un approccio particolarmente innovativo per attrarre al sistema d’istruzione risorse sempre maggiori, in grado di elevare la dignità del personale scolastico e la qualità della nostra offerta formativa”.

I sindacati, che nel 1969 organizzarono uno sciopero proprio per abolire le gabbie salariali, non ci stanno. Ivana Barbacci, segretaria Cisl Scuola, attacca: “Va fatto salvo il contratto nazionale ma già oggi le Regioni possono assegnare alle scuole risorse per il personale. Noi siamo drasticamente contrari all’autonomia differenziata: il contratto nazionale e il sistema di istruzione devono rimanere nazionali ma le Regioni, già oggi a normativa invariata, possono sostenere le scuole in particolari progetti, fornendo incentivi in termini di personale e di progetti a sostegno a dell’offerta formativa. E’ giusto incentivare l’offerta formativa fermo restando la struttura nazionale dei contratti, del reclutamento e dei programmi”.

Simile la reazione dell’opposizione: per i capigruppo del Movimento 5 Stelle in commissione Istruzione al Senato e alla Camera Luca Pirondini e Anna Laura Orrico “Valditara getta la maschera e descrive a chi avesse ancora qualche dubbio il modello che vuole realizzare questo governo: la scuola delle disuguaglianze. Garantire stipendi più alti al Nord perché il costo della vita è più alto non ha nulla a che vedere con il merito, né tiene conto degli sforzi enormi che molti docenti mettono in campo in contesti disagiati, dove la scuola rappresenta il principale presidio democratico. Quanto allo spalancare le porte ai soldi dei privati tramite sponsorizzazioni, siamo consci della carenza cronica di risorse, ma questo non può portare a soluzioni che rischiano di aumentare il gap non solo tra Nord e Sud, ma anche tra centro e periferia e tra grandi e piccoli centri. Il disegno di Valditara ci inquieta: il suo piano è esattamente quello che gli contestammo in Parlamento e le sue parole ci stanno dando ragione”.

I presidi al contrario accolgono con relativo favore sia la proposta degli stipendi differenziati sia il possibile maggior ruolo delle aziende. Per Mario Rusconi, a capo dei presidi di Anp di Roma, “è una misura abbastanza sensata” perché “molti docenti trovano posto di lavoro nelle regioni ma non accettano perché il costo della vita è troppo alto; è una misura che dovrebbe essere estesa anche ad altri impiegati. E’ un problema il fatto che l’Italia abbia una economia con costi della vita molto diversi, in più chi lavora al nord ha i costi legati al pendolarismo, perché due volte al mese almeno va a trovare la famiglia che si trova al sud. Certamente sul tema servirebbe una contrattazione sindacale apposita”. Quanto all’ingresso dei privati nella scuola, “già questo avviene, soprattutto alle superiori e alle tecniche professionali. Bisogna vedere le condizioni in cui il privato entra, ma le scuole hanno bisogno di fondi, le risorse a disposizione degli enti locali non sono molte. E le scuole dovrebbero avere lo statuto di Fondazioni per avere celerità nello svolgimento dei lavori e risparmio nei costi”. Per Rusconi si potrebbe iniziare una sperimentazione con le ‘scuole- Fondazione’ per un triennio.

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