‘Ndrangheta, sequestrati beni per 45 milioni agli imprenditori Berna. Messina: “Colpita la borghesia mafiosa”

“La messa a disposizione dei Berna era a tutto tondo”. C’è scritto questo nel decreto di sequestro di beni, per oltre 45 milioni di euro, che stamattina è stato eseguito dagli agenti del Servizio Centrale Anticrimine e della Divisione Anticrimine della Questura di Reggio Calabria nei confronti di Francesco e Demetrio Berna, gli imprenditori che, secondo la Direzione distrettuale antimafia, avevano stretto un “preciso patto di mutuo soccorso con la potente cosca di Cannavò”.

Il provvedimento è stato emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e del questore Bruno Megale. Oltre che nella città dello Stretto e nella provincia reggina, il blitz è scattato nelle province di Messina, Milano, Bari e negli Stati Uniti. Complessivamente, infatti, la polizia ha sequestrato 18 società, di cui una ditta individuale in Florida (Usa), 10 veicoli, 337 fabbricati, 23 terreni e rapporti finanziari.

I due fratelli, nel 2019, erano stati raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nell’ambito dell’inchiesta “Libro Nero” per la quale la Dda di Reggio Calabria ha recentemente chiesto il rinvio a giudizio perché li ritiene “imprenditori di riferimento” della cosca Libri. L’inchiesta svelò la piena operatività della famiglia mafiosa di Cannavò finalizzata ad acquisire la gestione o, comunque, il controllo di attività economiche del territorio.

Dopo l’arresto, una volta scarcerati, Francesco e Demetrio Berna sono finiti sotto scorta perché hanno reso diverse dichiarazioni contro la ‘ndrangheta e i loro verbali hanno consentito ai magistrati dell’antimafia di fare luce su numerose estorsioni commesse dai Libri. Tuttavia, nel corso di quasi un ventennio, benché fossero stati sottoposti ad estorsione ad opera delle numerose cosche egemoni nei quartieri in cui avevano aperto cantieri edili, secondo gli inquirenti, i Berna sarebbero stati rappresentati nelle interlocuzioni con i vertici delle varie ‘ndrine dagli esponenti della cosca Libri che avrebbe garantito loro un trattamento di favore. Dli elementi acquisiti e la ricostruzione della storia imprenditoriale dei due imprenditori, si legge nel decreto di sequestro, “consentono di ritenere che le elargizioni di denaro sistematicamente erogate dai Berna in favore dei Libri fossero ascrivibili, pià che a pratiche estorsive, ad un preciso patto di mutuo soccorso stipulato dagli imprenditori con la potente cosca di Cannavò. Un patto di protezione che garantiva loro, una volta pagata ai Libri la provvigione mafiosa, di andare indenni da altre problematiche ovvero da indebite interferenze di ulteriori articolazioni di ndrangheta, consentendogli di fare ingresso e poi crescere imprenditorialmente in una realtà travagliata come quella reggina, subappaltando agli ‘amici di Cannavò’ le interlocuzioni con le altre cosche e ricavando protezione durante l’esecuzione dei lavori”.

Secondo il questore di Reggio Calabria Bruno Megale, “c’è stato anche uno scambio politico elettorale perchP uno dei due fratelli, Demetrio, era il politico di riferimento che garantiva gli interessi della ‘ndrina. Dal complessivo quadro è comunque emerso che nonostante le dichiarazioni, in realtà i due imprenditori erano a disposizione della ‘ndrina e hanno tratto vantaggi dalla collaborazione con i Libri”. “Il sequestro – ha aggiunto il direttore del Servizio Centrale Anticrimine Giuseppe Linares – è la fotografia di un trentennio che ci parla di un patto economico e politico di una delle pià importanti cosche con due imprenditori. Non si tratta solo di reati di natura militare, ma di reati che distruggono l’ordine economico e politico di una città”.

Per il direttore centrale anticrimine Francesco Messina è stata colpita “la borghesia mafiosa che a volte non si riesce a colpire con l’attività repressiva”. Durante la conferenza stampa tenuta in questura a Reggio Calabria per illustrare i dettagli dell’operazione, Messina ha aggiunto: “Io sono qua perché le misure di prevenzione sono uno dei pilastri nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata accanto all’ergastolo ostativo, al 41 bis e alla legge sui collaboratori di giustizia. Il procuratore Giovanni Bombardieri ha fatto un lavoro eccezionale a Reggio Calabria. Il patrimonio sequestrato è stato accumulato chiaramente con l’intervento della ‘ndrangheta e della cosca Libri. Una parte dell’economia viene asservita agli interessi delle organizzazioni criminali mafiose. Diciamo che quest’operazione è la rappresentazione plastica di una politica di contrasto alla criminalità organizzata strutturata mafiosa e in particolare alla ‘ndrangheta che è senza dubbio, allo stato, l’organizzazione più potente dal punto di vista militare ed economico esistente in Italia”. “Oggi sono 45 milioni di sequestro – ha concluso – ma nel contesto di questa politica contro la ‘ndrangheta, la Direzione Centrale anticrimine nel corso degli ultimi 3 anni è arrivata a sequestrare in tutto il mondo un patrimonio ammontante a oltre 650milioni di euro”. Con il Servizio Centrale Anticrimine della Polizia di Stato e la Divisione anticrimine della Questura di Reggio Calabria si è congratulato il sottosegretario all’Interno Wanda Ferro (Fdi) secondo cui “il provvedimento di sequestro ai sensi della normativa antimafia rientra nella più ampia strategia di contrasto alle mafie volta non solo a colpire gli apparati militari delle cosche, ma anche ad aggredire gli ingenti patrimoni accumulati, per impedire che vengano poi reinvestiti dalle associazioni criminali nelle attività illecite e utilizzati per affermare il proprio prestigio e la propria autorità sul territorio”.

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