Ratzinger, il ritratto autentico di un amico fraterno: così era davvero Benedetto XVI

Le caricature non hanno mai risparmiato Joseph Ratzinger. Né da cardinale, né da Pontefice, né da Papa emerito e perfino ora che è morto. A un mese dalla sua scomparsa, avvenuta il 31 dicembre 2022 nel Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano dove si era ritirato da Papa emerito, l’immagine di Benedetto XVI è ancora offuscata da ricostruzioni totalmente infondate. Ratzinger era un uomo introverso, mite, raffinatissimo e autenticamente attento all’altro, chiunque egli fosse. Un uomo che sapeva ascoltare e che preferiva il colloquio con i singoli ai bagni di folla, più affini al suo immediato e “amato predecessore”, san Giovanni Paolo II, e al suo successore, Papa Francesco.

Un ritratto autentico di Ratzinger è stato fatto da monsignor Franco Camaldo, legato da un’antica amicizia al futuro Papa fin dal 1977, ovvero da quando san Paolo VI lo nominò cardinale subito dopo avergli affidato la guida dell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga. L’occasione è stata l’omelia della messa del trigesimo della morte di Ratzinger celebrata nella Parrocchia Santa Maria Consolatrice in Roma, di cui l’allora cardinale fu titolare dal 1977 al 1993. Benedetto XVI, ha sottolineato monsignor Camaldo, “è stato un grande teologo, un gigante della teologia, avendo donato tutta la sua vita allo studio e all’investigazione teologica. Nello stesso tempo è stato anche un sacerdote, un vescovo, un cardinale e un Sommo Pontefice aperto agli altri, all’incontro con le persone, con una curiosità molto spesso disarmante”.

Il sacerdote, che ha incontrato l’ultima volta il Papa emerito appena un mese prima della sua morte, il 24 novembre 2022, quando fu ricevuto nel Monastero Mater Ecclesiae in occasione del suo compleanno, ha ricordato che Ratzinger “ha amato intensamente la Chiesa. Tutte le decisioni più importanti della sua vita le ha prese tenendo lo sguardo fisso su Dio e per il bene della Chiesa e con questo amore immenso ha accolto la volontà di Dio, obbedendo alla volontà e al desiderio dei pontefici: non voleva lasciare l’insegnamento e l’ha fatto; non voleva lasciare l’amata arcidiocesi di Monaco e Frisinga e l’ha fatto; voleva tornare a casa per stare con suo fratello e terminare i suoi studi, dopo 24 anni di servizio come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, e non l’ha fatto. Anche nel momento terribile e straordinario, imprevedibile ed esaltante della rinuncia al pontificato, ha dimostrato con i fatti quanto voleva bene alla Chiesa e per questo immenso amore rinunciava a quanto c’è di più grande al mondo”.

Benedetto XVI ha liberamente lasciato il papato il 28 febbraio 2013. Sicuramente, come egli stesso ha ingenuamente rivelato tre anni dopo, nel 2016, non pensava che l’allora cardinale arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, potesse succedergli. Il porporato argentino era arrivato secondo nel conclave che otto anni prima, nell’aprile 2005, aveva visto l’ascesa al pontificato dell’allora cardinale decano. L’elezione di Benedetto XVI si iniziò a concretizzare durante il funerale di san Giovanni Paolo II, l’8 aprile 2005, presieduto da Ratzinger in piazza San Pietro. L’omelia che l’allora cardinale pronunciò, infatti, fu per molti porporati un’indicazione abbastanza chiara.

Soltanto Ratzinger, collaboratore di Wojtyla per quasi un quarto di secolo, poteva assumere l’immensa eredità di quel pontificato durato 27 anni. Un macigno sulle spalle di un uomo sulla soglia dei 78 anni. Del resto, san Giovanni Paolo II lo aveva scritto chiaramente: “Rendo grazie a Dio per la presenza e l’aiuto del cardinale Ratzinger, che è un amico fidato”. Un’omelia, quella del funerale, che fu accompagnata dal modo impeccabile in cui Ratzinger guidò, nelle vesti di cardinale decano, la Sede Vacante successiva alla morte del Papa polacco. E si concluse con un’altra magnifica omelia, quella della messa pro eligendo Romano Pontifice, una straordinaria meditazione contro la “dittatura del relativismo” che spalancò a Ratzinger definitivamente le porte del pontificato.

L’allora cardinale non era di certo un ingenuo e sapeva benissimo che in quelle settimane gli occhi degli altri porporati elettori erano tutti puntati su di lui. La sua candidatura apparve subito fortissima: al primo scrutinio nella Cappella Sistina, il pomeriggio del 18 aprile 2005, ottenne 47 voti su 115, appena 30 in meno della maggioranza necessaria per l’elezione. L’indomani, al quarto scrutinio, il primo del pomeriggio, i voti furono 84 e la fumata fu bianca (nel 2013 Bergoglio ha ottenuto 85 voti al quinto scrutinio).

“Ringraziamo Dio – ha scritto Francesco nella prefazione del libro Dio è sempre nuovo (Libreria Editrice Vaticana) curato dal giornalista Luca Caruso, responsabile della comunicazione e dell’ufficio stampa della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI – per averci donato Papa Benedetto XVI: con la sua parola e la sua testimonianza ci ha insegnato che con la riflessione, con il pensiero, lo studio, l’ascolto, il dialogo e soprattutto la preghiera è possibile servire la Chiesa e fare del bene a tutta l’umanità; ci ha offerto strumenti intellettuali vivi per permettere ad ogni credente di rendere ragione della propria speranza ricorrendo ad un modo di pensare e di comunicare che potesse essere inteso dai propri contemporanei. Il suo intento era costante: entrare in dialogo con tutti per cercare insieme le vie tramite le quali incontrare Dio”.

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