Migranti, Elian Gonzales: il piccolo naufrago adesso è parlamentare. Fu conteso tra Cuba e Usa

Era stato il bambino del miracolo, salvato in mare dopo il naufragio della barca con cui un gruppo di cubani tentava di raggiungere gli Stati Uniti. Un balsero, un migrante diremmo in Italia, che per molti mesi, nel 2000, quando aveva solo sei anni, divenne protagonista di un intrigo internazionale, tra Miami e L’Avana. Il suo volto comparve sui telegiornali di tutto il mondo. Oggi Elian Gonzales ha 29 anni, è un ingegnere ed è stato scelto per sedere nell’Assemblea nazionale, una sorta di parlamento cubano.
PNEUMATICO
La prima immagine: il piccolo Elian, el balserito, el niño milagro, viene salvato da un pescatore che lo trova su uno pneumatico che galleggia vicino alle coste della Florida, a Fort Lauderdale. È il 25 novembre del 1999. Due giorni prima, con la madre e altre dieci disperati, era partito da Cuba, da una località vicina all’epicentro turistico Varadero. La mamma si chiamava Elizabeth Brotons, nell’isola castrista era talmente disperata da affrontare il viaggio in mare per raggiungere la terra promessa: gli Stati Uniti. La piccola lancia era naufragata. Tutti morti. Si salvò solo Elian, che fu affidato a lontani parenti della famiglia della madre che abitavano a Miami. La seconda immagine: è una foto che ha vinto il premio Pulitzer, si vede un bimbo, Elian, spaventato e in lacrime in braccio a un uomo, in una camera da letto con un armadio alle spalle, e un agente delle forze speciali, che punta un fucile automatico. È il 22 aprile 2000, sono trascorsi quasi cinque mesi dal miracoloso salvataggio. In quei cinque mesi c’è stato un durissimo scontro internazionale tra Usa e Cuba.

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Il padre del piccolo, Juan Miguel Gonzales, cameriere a Varadero, ha reclamato la restituzione del figlio, i familiari di Miami si sono rifiutati dicendo che la madre, Elizabeth, era morta per consentire a Elian di crescere in un paese libero (e ricco). Castro aveva usato tutti gli strumenti della propaganda per trasformare la storia di Elian in una nuova leggenda della revolucion, contro il potente nemico americano che porta via un bambino al padre: oceaniche manifestazioni di piazza, slogan (“devuelvan a Elian a la patria”), magliette, striscioni, interminabili discorsi in tv prima della telenovela. Speculare la propaganda dei cubani di Miami, ferocemente anticastristi, che a loro volta avevano innalzato Elian a simbolo. La famiglia lo aveva portato nel luogo iconico per eccellenza, Disneyworld, anche in Florida slogan, magliette, manifestazioni. Elian a sei anni si era ritrovato protagonista di un Truman Show seguito da tutto il mondo, non solo dalla Florida e da Cuba. Il Servizio di immigrazione aveva ordinato ai parenti di Miami di restituire il bimbo al padre, dunque a Cuba. Un giudice della Florida si era opposto, ma era intervenuta Janet Reno, procuratore generale, già protagonista di vicende roventi (autorizzò l’assalto a Waco, nel 1993, dove morirono 82 membri di una setta religiosa). La Reno ordinò di restituire Elian al padre. Dopo una lunga trattativa infruttuosa, ecco l’incursione delle forze speciali nella villetta di Miami. Nuova immagine: il 28 giugno 2000 Elian scende da un aereo all’Avana con il padre. Il regime a quel punto usa la storia come una vittoria della revolucion, un anno dopo addirittura inaugura un museo nella casa di Cardenas, la cittadina non lontana da Varadero dove viveva Elian. «Gli faranno il lavaggio del cervello» dicono a Miami.

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EPILOGO
Elian resta molto legato a Fidel, cresce e si iscrive al Partito comunista, fa il servizio militare, onora il suo ruolo di icona. Si laurea in Ingegneria industriale e spiega che è «pronto a combattere in qualsiasi trincea per la revolucion». Quando Fidel muore dice che è stato un secondo padre e un amico. Oggi ha 29 anni, ha una figlia piccola, è vicedirettore in una società di importazione alimentare del Ministero delle Forze Armate, gode di privilegi rispetto alla media della popolazione in miseria. Ora che è stato scelto come membro dell’Assemblea nazionale, commenta: «Fidel sarebbe orgoglioso di me». Ma chissà quante volte avrà pensato a come sarebbe stata la sua vita se sua madre si fosse salvata, crescendolo così a Miami, in una società completamente diversa.
 

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