La fuga dei medici di famiglia, dalla fondazione Gimbe dati allarmanti per la Sicilia

«Fino a qui tutto bene», ripeteva a se stesso per farsi coraggio l’uomo in caduta da un palazzo di 50 piani. Ma il problema, si sa, non è la caduta, bensì l’atterraggio, e se è vero che sul fronte medici di famiglia la Sicilia, al confronto con altre regioni, è oggi in una situazione piuttosto confortante in termini numerici, fra tre anni ci sono probabilità che il quadro peggiori, tanto da piazzare l’Isola al secondo posto per deficit di camici bianchi in Italia.

A suonare l’allerta è un report della Fondazione Gimbe, che sulla base di dati Agenas stima l’entità della carenza attuale e futura dei medici di medicina generale, ricordando prima quanto disposto dall’Accordo collettivo nazionale sul tetto massimo di assistiti, il cosiddetto «massimale», fissato a 1.500 pazienti per dottore. Ebbene, da questo punto di vista la fotografia siciliana è tra le più rosee, visto che i medici “ultra-massimalisti” sul territorio ammontano a circa il 20% del totale: la seconda tacca più bassa d’Italia dopo quella segnata dal Molise, contro il 42% rilevato in tutto il Paese. Rassicurante pure la media di assistiti, pari a 1.073 per camice, la migliore d’Italia – dove l’incidenza è di 1.307 pazienti – e vicinissima al livello ottimale di 1.000. A conti fatti, dunque, considerando accettabile un rapporto di 1.250 assistiti per professionista, Gimbe evidenzia che «al primo gennaio 2022 in Sicilia non mancano medici di medicina generale». Fin qui tutto bene, per l’appunto. Ma nel 2025 la classifica potrebbe ribaltarsi, e il territorio, secondo le stime, perdere ben 542 medici di famiglia sui 3.452 previsti in Italia: un ammanco superato (di poco) solo dal Lazio e destinato ad allargare la flessione (-3%) già rilevata fra il 2019 e il 2021.

Un servizio di Andrea D’Orazio sul Giornale di Sicilia in edicola oggi

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