Rai, ecco come cambia: Monica Maggioni al posto di Lucia Annunziata. Meloni e le fughe: «C’è chi rifiuta il merito»

Uno potrebbe immaginare, leggendo alcune cronache, che il day after delle nomine in Rai avesse trasformato il settimo Piano di Viale Mazzini, tolda di comando della tivvù, in un bunker da cui i nuovi potenti non sanno come uscire. E invece, quel che trapela è serenità. E totale convinzione di aver agito come si deve. Ovvero: «Abbiamo rispettato il pluralismo e lo abbiamo anche incentivato», è l’umore nelle stanze e nei corridoi dell’ad Roberto Sergio e del direttore generale Giampaolo Rossi. Anche Giorgia Meloni, da Catania, torna sulle polemiche che hanno investito le ultime scelte nella tv pubblica: «Se in Rai qualcuno deve misurarsi col merito e decide che non ce la fa, non è un problema che possiamo porci noi», prova a chiudere la questione la premier. Che rivendica: «Io non intendo sostituire un sistema di potere intollerante con un altro. Voglio liberare la cultura italiana da questo sistema, in cui non potevi lavorare se non ti dichiaravi di una certa parte politica. Voglio – aggiunge – un sistema meritocratico e plurale, che dia spazio a tutti in base al valore che dimostrano, non alle tessere» di partito. 

Rai, ecco come cambia

Del resto, è il ragionamento che si fa, la conventio ad excludendum per cui M5S dopo la defenestrazione a suo tempo di Giuseppe Carboni dal Tg1, rimasto poi a spasso, non ha quasi più toccato palla e per cui il primo partito italiano, FdI, dopo l’estromissione di Rossi dal vecchio Cda, era sotto rappresentato – a fronte di un Pd sempre più o meno egemone – adesso ha semplicemente avuto un riequilibrio. Che ai piani alti dell’azienda sperano sia funzionale a un rilancio del servizio pubblico.
Sta di fatto che anche la presidente Mariella Soldi, pur votando “no” alla nomina di Chiocci al Tg1 e di Preziosi al Tg2, sull’organizzazione dell’azienda tra rami industriali e direzioni di genere – che è quella che conta di più, perché si tratta di soldi, pubblicità, concorrenza interna e internazionale («occhio Salvini, evita crociate contro il canone», dicono gli altri partiti della coalizione) – ha partecipato al voto unanime. Anche perché la parità di genere, a cui aveva fatto riferimento Soldi, nell’intero complesso delle nomine – non solo quelle dei tiggì – non è stata calpestata.

Il nuovo ruolo di Monica Maggioni

E ancora: non sembra una epurazione Monica Maggioni che dal Tg1 passa a dirigere l’Offerta informativa. E in più avrà una trasmissione, forse quella prestigiosa della domenica lasciata da Lucia Annunziata. Ed è un epurato Stefano Coletta che dal Prime Time, sostituito da Marcello Ciannamea, passa ai palinsesti, potente cuore aziendale? Retorica a parte – e in assenza di epurati, Fazio andato via prima e Annunziata già riconfermata in palinsesto – forse il Raibaltone somiglia più che a una presa del Palazzo d’Inverno, anzi il palazzo del cavallo, a un normale turn-over. In cui il Pd, che tiene Rai Cinema, Rai Fiction, RaiCultura, RayPlay, radio 3, Tg3 (e potremmo continuare) non è finito a Ustica o a Ventotene.
Ora ovunque la voglia di essere epurati impazza. Sigfrido Ranucci, se gli spostano Report dal lunedì alla domenica sera al posto di Fazio, può finire a Discovery, l’isola dei fuoriusciti, la montagna dei neo partigiani. Idem Corrado Augias. E via dicendo. Ma quelli che restano, ala sinistra, da Monica Giandotti a Serena Bortone, da Marco Damilano al pensionato Antonio Di Bella che a destra piace assai perché dialogante e come minimo farà il prezzemolino nei talk o la spalla di Maggioni, avranno solo il problema di relazionarsi con gente estranea al cosiddetto album di famiglia. In realtà i nuovi sono personaggi molto aziendalisti, dall’eterno democristiano Sergio a Rossi che non da oggi gode di stima trasversale. Ma entrambi – come ha scritto Sergio in una lettera ai dipendenti – sono convinti, senza mettersi l’elmetto che per le nomine non hanno indossato, che «è arrivato il momento di concentrarsi su un nuovo storytelling». Meno sbilanciato, più aperto. 

Fughe

Quanto a Annunziata, il futuro somiglia più a Discovery che a una candidatura per il Pd alle elezioni europee del 2024. E più a La7, dove forse Lilli Gruber non splende più come prima, che a una carriera politica, visto che lei è malata di giornalismo. Quanto a Amadeus, ieri Fiorello (a proposito: resta su Rai2 e non va su Rai1) è andato in suo soccorso dicendo che non va toccato («Nessuno ha la minima intenzione di farlo», ha rassicurato l’ad). Ma intanto nei salotti di sinistra – forse per alzare la tensione – si parla di altre fughe. Massimo Gramellini stipula da tempo contratti annuali che vengono di volta in volta rinnovati, e attende di sedersi con la nuova dirigenza per capire le loro intenzioni e se c’è margine per andare avanti insieme. Ranucci resta se resta al lunedì, il che dipende anche dall’arrivo o meno di Alessandro Cattelan al posto di Fazio. Che la Rai cambierà è sicuro, ma questo – ammesso che la pubblicità entri e tanta, che i conti vadano bene e che l’azienda non perda posizioni sul mercato – potrebbe perfino essere sexy.

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