Caltagirone: «Servono norme per salvaguardare il capitalismo familiare»

Il capitalismo familiare, così radicato nel nostro Paese, resta un modello vincente; anche perché in un mondo che cambia velocemente riesce ad adeguarsi con maggiore facilità. Non poteva mancare una riflessione su questa peculiarità del sistema economico italiano nell’ambito del Festival dell’Economia dedicato dal Gruppo Sole24Ore al “Futuro del futuro”. Al Castello del Buonconsiglio a Trento ne hanno parlato Francesco Gaetano Caltagirone, presidente dell’omonimo gruppo, e Gian Maria Gros-Pietro, presidente del cda di Intesa Sanpaolo, in un dibattito coordinato dal direttore del Sole24Ore Fabio Tamburini.
È toccato a Caltagirone delineare le caratteristiche di questo modello, che affonda le radici nella storia italiana. Di cosa ha bisogno per poter guardare al futuro? Un tema importante è naturalmente quello del passaggio generazionale. Secondo l’imprenditore romano, mentre le norme fiscali che regolano la successione sono adeguate, andrebbero cambiate quelle che impongono di dividere il patrimonio tra gli eredi, in larga parte con quote obbligatorie. Regole che non permettono di concentrare le risorse finanziarie «nelle mani del migliore, a cui andrebbe conferita la maggioranza dell’azienda, una volta assicurati tutti gli altri con un livello di eredità che garantisca il benessere». «Un figlio – argomenta Caltagirone – può essere un imprenditore o solo un ricco: una cosa è avere lo spirito, la cultura, il senso di sacrificio degli imprenditori, una cosa diversa è avere solo un patrimonio». Ecco allora il suggerimento: abbassare le attuali quote obbligatorie «per salvaguardare il capitalismo familiare». Il rischio, di questi tempi, è che gli eredi si facciano allettare dalle proposte dei fondi di investimento che talvolta spolpano le aziende del loro valore. Una situazione ben delineata da Gros-Pietro, pur nella distinzione tra gli operatori corretti e quelli che invece «riducono la qualità dei prodotti ed estraggono la liquidità». Per questi ultimi il giudizio del presidente di Intesa Sanpaolo è severo: «Questa non è finanza, è rapina».

UN SISTEMA MENO STABILE

Ma come se la cava l’imprenditoria familiare con gli sconvolgimenti degli ultimi anni? «Noi che abbiamo una situazione Paese in un certo senso disorganizzata, con un sistema meno stabile, riusciamo a reagire meglio dei tedeschi, le cui caratteristiche funzionano invece in tempi di stabilità» spiega ancora Caltagirone, richiamando il divario recentemente emerso in termini di crescita del Pil, stavolta a sfavore della Germania. E cita un esempio di cambiamento in atto: quello delle città il cui ruolo si trasforma in tempi di lavoro a distanza e di diffusione del commercio elettronico: «Cambia la funzione delle città, nel cui centro uffici e negozi si svuotano, e ci vuole una reazione pronta». Il ragionamento poi si allarga alla funzione dell’impresa, che è anche «sociale» e va al di là del rendimento del capitale investito: «Serve un altro tipo di remunerazione, un applauso della società come quello che nella civiltà romana si riservava a coloro che avevano successo». Altrimenti, è il paradosso, «se resta solo un capitalismo senza imprenditori e fatto da soli manager, allora tanto vale che ci sia un capitalismo di Stato».
Già, i manager. Importanti per la gestione delle aziende, ma a volte incapaci di fare una valutazione del rischio che guardi davvero con equilibrio al futuro. «L’imprenditore si sceglie i manager ma i manager non si possono scegliere gli azionisti» sintetizza Caltagirone. Quando questo accade «c’è un problema». Gli fa eco Gros-Pietro: «Il cda deve agire per conto degli azionisti, ma il rischio è che il management tenda ad autoperpetuarsi». Il banchiere, che è anche un economista, cita alcune delle storie di successo dell’imprenditoria familiare italiana, «esempi fantastici» dall’industria meccanica alla moda, dall’alimentare allo stesso settore bancario. Ci tiene poi a sfatare (o meglio a delimitare) un mito, quello delle aziende che devono diventare per forza sempre più grandi. «Alcune è giusto che siano piccole perché così possono essere più specializzate, come la Biontech, l’azienda tedesca fondata da marito e moglie che ha sviluppato il vaccino per il Covid». Ma se quello è un caso estremo, «in Italia le imprese del settore dei macchinari possono sembrare piccole ma hanno saputo battere i colossi di Germania e Giappone».

IL MOMENTO DELLA SEMINA

A dibattito concluso, c’è il tempo per una valutazione dell’operato del governo. Caltagirone lo vede «ben attivo». E spiega il suo pensiero: «Diciamo che c’è un momento per seminare ed uno per raccogliere». L’esecutivo per ora «sta seminando bene, dopo sei mesi non può raccogliere». L’imprenditore constata che «c’è grande rispetto e amore per il Paese» anche all’estero. E a chi gli chiede se si aspettava questo esordio per la nuova coalizione guidata da Giorgia Meloni oppure sia stata una sorpresa, risponde: «Non so dire se me l’aspettavo, dico però che serviva».

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