William passerà alla Storia come “il principe triste”: “Su di lui rimane un dubbio”
Da che era il principe azzurro, poi “principe dei party” passando per il “principe-che-lavora-poco” (Work-shy Prince), William oggi sembra essere destinato ad essere ricordato come il principe triste. Nessuno infatti, mentre negli anni gli affibbiava quei nomignoli, si sarebbe immaginato che il 2024 sarebbe stato il vero annus horribilis della monarchia britannica colpendo l’erede al trono nei suoi affetti più vicini. Se lo scorso gennaio suo padre e sua moglie sono entrati nella medesima clinica per due interventi di routine, da febbraio in poi gli esiti di alcuni accertamenti svolti in quella sede hanno gettato i Windsor nello sconforto e William nel mezzo di due fuochi. Da una parte il padre, dall’altra la moglie, entrambi malati cancro. In un attimo tutto quello che sembrava certo non lo è stato più e la vita dell’erede al trono ha cambiato completamente tono e ritmo aumentando drasticamente il peso delle responsabilità a suo carico. Ne abbiamo parlato con lo storico, scrittore ed esperto di cose reali, Ed Owens, autore di “After Elisabeth. Can the Monarchy save itself?” (Dopo Elisabeth. La monarchia può salvarsi?, pubblicato il 14 settembre 2023 da Bloombury Continuum).
“William – ci spiega Owens – si è adattato subito al ruolo di principe del Galles in cui è stato catapultato alla morte della regina Elisabetta II ma – ha aggiunto – il dubbio che rimane è se lui sia altrettanto attivo e con lo stesso senso del dovere di coloro che lo hanno preceduto e degli altri reali impegnati per la corona”. In effetti, la dedizione per il lavoro di Carlo III che, prima di venire incoronato, ha ricoperto quel ruolo più a lungo di chiunque altro, è difficile da equiparare e anche oggi che la sua malattia lo costringe a limitare gli impegni, il sovrano non si arrende e si offre anima e corpo a tutti gli appuntamenti che i medici gli autorizzano, cercando di proteggere la sua salute durante i trattamenti contro il cancro. Un regime di vita fatto di abnegazione degno di sua madre e che il figlio non ha mai espresso con la stessa forza. “Se prima era considerato Work-shy Wills (Will che non lavora troppo), perché non amava fare troppe attività, questo soprannome – ci chiarisce Owens – ora sta tornando in auge perché dall’inizio di quest’anno non si è visto spendersi i troppi impegni istituzionali”.
Va aggiunto, neanche in sostituzione del padre, visto che ha lasciato andare in avanti Camilla, prima regina consorte nella storia ad assurgere a certi incarichi di rappresentanza. Certo va considerato che da gennaio, William prima ha dovuto fare i conti con il lungo ricovero che ha tenuto Kate lontana da casa 14 giorni, poi con la diagnosi nefasta del padre, quindi con quella della moglie accumunata dal medesimo triste destino. Giorni non facili per un principe che si è offerto ai suoi sudditi a singhiozzo, cancellando anche impegni importanti all’ultimo minuto e congedandosi dalle attività più rilevanti non appena possibile. Insomma, se da un parte la corona mostra un re debole e malato ma stoico in prima linea a sfruttare tutte le forze che ha per essere presente, dall’altra la futura famiglia destinata a regnare evita la ribalta, si chiude tra le mura di casa e nel silenzio più assoluto.
“William mette la famiglia davanti a tutto – sottolinea Owens – ma a questo punto ci si interroga se ciò non implichi che la monarchia voglia cambiare stile”. “Quella che conosciamo è la monarchia basata sullo stile di Elisabetta II” prosegue il ragionamento Owens che ricorda come la sovrana amata, rispettata e tanto longeva avesse associato la sua figura ad un numero consistente di attività caritatevoli. Per la cronaca, ad oggi, a più di un anno e mezzo dalla sua scomparsa, 800 associazioni a lei intitolate sono ancora in attesa di un patron che la sostituisca. Il suo convincimento era quello di “essere vista per essere creduta e di mantenere un contatto vivo con le organizzazioni benefiche ed i loro membri per premiarne il valore sociale”.
La domanda che ci si pone dunque, secondo lo storico, è se William vorrà e potrà mantenere questo ritmo e questo sistema così come siamo abituati a conoscerlo o “se farà le cose in modo diverso, dando una sua personale impronta”. A giudicare da come sta muovendo i suoi passi verrebbe da optare per la seconda via, “enfatizzando il ruolo della famiglia e della routine familiare che rappresenta sempre una priorità per lui e per Kate. Esattamente ciò che Elisabetta II non ha fatto a suo tempo”. Che i principi del Galles vogliano un ruolo nuovo per la monarchia è lampante, secondo l’analisi di Owens e questa idea si strutturerà attraverso “una minore presenza dei suoi attori principali (ovvero gli eredi al trono e futuri regnanti) per ridurre i loro impegni pubblici”, mandando in avanti gli altri. “Finora – chiarisce Owens – hanno detto che vogliono promuovere i grandi appuntamenti, quelli molto attrattivi come il Premio per l’ambiente fondato da William e le sue attività per i senzatetto, così come i progetti per la salute dei neonati promosse da Kate”. Poche idee ma chiare ed impattanti. Scordiamoci dunque un’agenda quotidiana fitta per i futuri monarchi che sembrano lavorare invece nella direzione di centellinare la loro presenza amplificando il ruolo di “senior” della corona, ovvero quelli che scendono in campo solo per i grandi eventi modificando un ritmo ed uno stile che si è consolidato negli ultimi 100 anni.
L’effetto collaterale di questa scommessa, ci chiarisce Owens, è che “dopo che Kate Middleton si sarà rimessa, come tutti ci auguriamo, loro dovranno tornare a mostrarsi per riconnettersi con il popolo dei loro sudditi perchè devono dimostrare di meritare quello che hanno e la gente vuole sapere che valgono i soldi che costano”. Ricordiamo che nell’anno fiscale 2021-22 i britannici hanno pagato 1,29 sterline a testa, in tutto 86,3 milioni per mantenere la corona che ha aumentato le spese del 5% (fonte Agi). “I principi del Galles cercano di mostrarsi come una famiglia normale della classe media, un basso profilo in cui ci si possa riconoscere – ricorda Owens – ma sappiamo tutti che non lo sono. Hanno minimizzato l’idea che appartengono all’alta società ma di fatto i loro figli frequento scuole private esclusive ed i loro amici sono aristocratici. Non sono persone semplici anche se cercano di rappresentarsi come tali”. L’”enfatizzazione dell’ordinarietà” avrà la stessa forza che hanno avuto il saldo ancoraggio alla tradizione e l’implacabile dedizione di Elisabetta II per salvare la corona davanti a mille tempeste? Quel che pare certo è che, ad oggi, l’aver limitato la presenza quotidiana dei principi del Galles, a maggior ragione in una monarchia tanto ridotta, sembra aver generato solo grandi effetti collaterali.
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