Elezioni europee, dopo l’attentato a Fico l?ombra della violenza sul voto per la Ue. Crosetto: «Interferenze estere»

Un’ombra si staglia sul voto europeo. Cinque colpi di pistola a bruciapelo spezzano l’euforia elettorale a tre settimane dalle urne che possono cambiare volto all’Europa. L’attentato al premier slovacco Robert Fico ha fermato le lancette nelle capitali del Vecchio Continente. E il ritorno della violenza politica ora fa paura, anche in Italia. Si può davvero fare come nulla fosse? I comizi in piazza, gli abbracci oltre le ringhiere, i bagni di folla a cui le Europee costringono i leader di partito a caccia di preferenze? No, non si può. Gli spari di Handlova sono una cesura. C’è un prima e un dopo, anche per la politica italiana. Guido Crosetto, ministro della Difesa, confida al Messaggero: «Dico da tempo che il clima sta peggiorando». E peggiora «per una somma drammatica di fattori esterni: Ucraina, Gaza, Indopacifico, Sahel».

Attentato a Fico, il premier della Slovacchia in «condizioni stabili ma serie». Juraj Cintula: «Orgoglioso del mio gesto». Il presidente Peter Pellegrini: «Ho parlato con lui»

L’ALLARME

Ma c’è di più. Un allarme risuonato subito fra le agenzie di intelligence europee di fronte al primo tentato omicidio di un capo di governo Ue dopo tanti anni. Qualcuno userà – sta già usando – il caos slovacco per instillare paura, disaffezione negli elettori decisi a dire la loro l’8 e il 9 giugno. Ancora Crosetto: «Il clima peggiora perché ci sono fortissime influenze esterne in Italia – da sempre i russi, da un po’ meno tempo i cinesi e gli iraniani – e diventa ancor più complesso da noi per il cinismo con cui alcuni attori politici portano avanti la competizione».

È un alert risalente nei rapporti della nostra intelligence sul voto di giugno: l’astensione, la diserzione di massa delle urne Ue è il vero obiettivo di apparati stranieri come quello russo. Quale occasione migliore, per creare un clima di incertezza e allerta, dell’attentato a Robert Fico? Un crimine politico, quello studiato e perpetrato da Juraj Cintula, poeta e scrittore, ex agente di sicurezza, odiatore giurato del primo ministro e della sinistra nazionalista di cui è simbolo. È questa almeno la conclusione a cui sono giunti i Servizi italiani dopo un primo assessment della minaccia che permette di parlare di «dinamiche locali» e dunque escludere, per il momento, ripercussioni nel nostro Paese.

Così il Viminale – tramite l’Ufficio centrale interforze per la sicurezza che determina le scorte per le autorità pubbliche e i cittadini a rischio – non ha al momento ritenuto di rafforzare i “dispositivi tutori”. Del resto dal 7 ottobre, quando il massacro di Hamas in Israele ha risvegliato in Europa la minaccia jihadista, i dispositivi per le alte cariche dello Stato, da Sergio Mattarella a Giorgia Meloni fino ai presidenti di Camera e Senato e i ministri più esposti sono stati già blindati al massimo livello. Non basta questo ad archiviare lo shock slovacco, i colpi di pistola esplosi in diretta contro Fico. C’è una campagna elettorale da portare avanti ed è probabile che gli spari di Handlova riscrivano le regole per le prossime settimane.

Il sussulto europeo è nelle parole del premier belga Alexander De Croo, presidente di turno del Consiglio, che nelle prossime ore sentirà gli altri leader per fare il punto su un episodio «inquietante». Peraltro non il primo: preoccupa la Germania, dove negli ultimi giorni ben cinque esponenti politici sono rimasti vittime di aggressioni. Meloni è molto incupita, raccontano, dall’attentato in Slovacchia. E decisa a centellinare le sue uscite pubbliche da qui all’8 giugno. Era una scelta politica, annunciata dalle spiagge di Pescara, quando ha lanciato la sua candidatura: «Non toglierò un solo minuto all’attività del governo». Fatta salva la tappa finale, a Piazza del Popolo a Roma il 1 giugno, niente tour e comizi coram populo. Una promessa utile a sminare da subito l’accusa delle opposizioni di una premier in trasferta, che antepone la rincorsa del consenso ai doveri di Palazzo Chigi.

Ora, dopo gli spari a Fico, quella decisione trova conferma e si rafforza per motivi di sicurezza. In Italia gli anni di piombo sono lontani. Ma si respira anche qui un clima di tensione, esacerbato dalla polarizzazione e la violenza del dibattito sulla guerra in Medio Oriente che hanno già scosso le università italiane e ora rischiano di spianare il terreno per un salto di qualità. Di offrire facili pretesti anche a un lupo solitario, una “testa calda” come, fino a prova contraria, risulta essere l’attentatore slovacco. E dunque, solo appuntamenti istituzionali per la premier italiana. Come una possibile nuova tappa a Caivano, in programma a maggio. È una preoccupazione trasversale. Ecco Elly Schlein, segretaria del Pd, denunciare «una violenza politica estremamente preoccupante» e dirsi «scioccata» per il tentato omicidio di Fico. E poi un dedalo di accuse incrociate, quasi a voler mettere le mani avanti: se la miccia si accende, se anche qui una testa calda apre il fuoco, sarà vostra la colpa.

GLI APPELLI

Matteo Salvini riavvolge il rullino, ricorda Berlusconi che ai tempi di Palazzo Chigi pagò in prima persona il prezzo di un clima politico incendiario, ferito in piazza da un esagitato che lo ridusse a una maschera di sangue con una statuetta del duomo di Milano. E allora, mette a verbale il leader della Lega dopo i fatti di Slovacchia, «auspichiamo che anche in Italia vengano ridimensionati i toni di chi continua da troppo tempo ad accanirsi contro gli avversari politici trattandoli da nemici da infangare, escludere dalle istituzioni attraverso “un cordone sanitario”». Tatticismo elettorale, dirà qualcuno. In verità il timore è reale, «abbiamo paura perché siamo molto esposti» confida chi prepara il tour del “Capitano” che alla piazza, tuttavia, non vorrà rinunciare e anzi rilancia: tre grandi comizi lungo lo Stivale, l’ultimo il 1 giugno a Milano, con il generale Roberto Vannacci.

Comunque vada, gli spari di Handlova cambieranno l’ultimo miglio della campagna. A destra e sinistra ora fioccano appelli ad abbassare i toni, evitare di demonizzare l’avversario. Dice Antonio Tajani: «Le polemiche violente rischiano di accendere chissà quali idee in persone poco equilibrate». Da Azione l’appello per cambiare «un clima terribile». Prove tecniche di una tregua che i proiettili slovacchi non permettono di rinviare.

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