Carla Bruni e i fondi libici a Sarkozy, la moglie dell’ex presidente francese convocata oggi da un giudice

Carla Bruni potrebbe essere incriminata per la storia della campagna mediatica a favore del marito, l’ex presidente francese Sarkozy, rimasto invischiato in una inchiesta su fondi neri. La modella e cantante italiana è stata convocata questa mattina di fronte al giudice a cui in Francia è affidata l’inchiesta sulle ritrattazioni fasulle dell’uomo d’affari franco libanese Ziad Takieddine per una eventuale messa in stato di accusa, rende noto una fonte citata da Bfmtv. Bruni è sospettata di «occultamento di corruzione di testimone» e di «associazione per preparare reati di frode giudiziaria e di corruzione di agenti pubblici stranieri». Il giudice potrebbe invece decidere di considerarla solo come «testimone assistito», una posizione intermedia fra il testimone e lo stato di accusa. Il caso in cui è coinvolta Bruni-Sarkozy ruota intorno alla campagna di comunicazione «Sauver Sarko» lanciata nel 2020 da diverse decine di personalità, fra cui Mimi Marchand, star della stampa gossip considerata vicina a Bruni, per sdoganare l’ex Presidente dall’accusa di aver ricevuto finanziamenti dalla Libia di Gheddafi per la sua campagna elettorale del 2007, accusa per cui sarà messo a giudizio dal gennaio del 2025.

I reati ipotizzati sono connessi alla presunta falsificazione di testimonianze, associazione a delinquere finalizzata alla preparazione di un processo fraudolento e corruzione del personale giudiziario.

Si indaga su un presunto finanziamento alla campagna presidenziale del 2007, vinta da Sarkozy, con fondi libici. Il personaggio chiave della vicenda è Michèle Marchand, detta «Mimi», figura di spicco del giornalismo «people» in Francia, sospettata di aver orchestrato la retromarcia del testimone, l’intermediario e uomo d’affari Ziad Takieddine che ha ritrattato le accuse.

Nel 2020, Takieddine, ritenuto da Sarkozy il suo principale accusatore, all’improvviso scagionò – temporaneamente – l’ex presidente, contraddicendo le sue stesse precedenti accuse. Gli inquirenti sospettano da tempo diverse persone vicine a Sarkò – familiari, collaboratori, fedelissimi – di aver organizzato la ritrattazione per minare, nel seguito delle indagini, la credibilità dello stesso Zakieddine, che dopo poche settimane tornò sui suoi passi negando la ritrattazione. 

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