Rapina al centro commerciale Roma Est, la cliente della gioielleria: «Era italiano, mi ha detto: se stai buona non ti sparo»

«Le avevo scritto “Che bracciale compro?”. Lei mi ha risposto dicendo quale dovevo prendere, ma io non le ho più potuto dire nulla perché è iniziato l’inferno». Una conversazione, quella tra Giusy e sua figlia, interrotta dall’irruzione dei due banditi che ieri mattina, con i volti coperti e armati di pistola, hanno svaligiato la gioielleria “Valenza” dove la donna era entrata poco prima. «Doveva essere una sosta di qualche minuto solo per comprare un regalo. Dieci minuti d’orologio e poi sarei tornata subito a casa dalle mie figlie che mi stavano aspettando. E invece…». E invece quei minuti sono diventati ore. La donna – che abita non lontano dal centro commerciale Roma Est all’interno del quale c’è la gioielleria – sospira e cerca le parole giuste per raccontare quello che ha vissuto, ma non è facile. È passato troppo poco tempo e la paura è ancora tanta.
 

Mi racconta cosa è accaduto?
«Ero al bancone, parlavo con le commesse per scegliere un pensierino da regalare a un’amica di una delle mie tre figlie che tra qualche giorno compirà 18 anni. Avevo appena inviato a mia figlia la foto del bracciale che pensavo di comprare quando è entrato il primo uomo. Aveva una maschera in lattice, indossava una tuta verde acqua e un cappellino da baseball blu scuro. Ma la cosa più spaventosa era la pistola che ha estratto pochi istanti dopo dal borsone che era nel carrello».

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E poi cosa ha fatto? 
«Ce l’ha puntata contro e, dicendoci che non era interessato a noi ma solo al bottino, ha costretto me e le due commesse a entrare nello stanzino dove c’è la cassaforte, ma non era quello il suo obiettivo perché non l’ha nemmeno toccata. Ci ripeteva “veloci, veloci, camminate, camminate”. Una volta dentro ci ha chiesto i cellulari, forse per vedere se avevamo foto o video del suo ingresso. Le due ragazze non lo avevano, io invece gliel’ho dato subito. Poi lui ci ha fatto distendere a terra e ha chiuso la porta per andare dall’altro complice, che nel frattempo sentivo che stava svuotando gli espositori».
 

Lei che li ha sentiti parlare, pensa che i rapinatori possano essere del sud? Perché secondo alcuni potrebbero essere campani..
«Sono originaria della provincia di Caserta e posso assicurare che non ho sentito nessun accento campano o meridionale. Entrambi parlavano un italiano corretto. Nessuna inflessione dialettale».

Quanto tempo siete state chiuse nello stanzino?
«A me è sembrata una eternità, ma poi controllando l’orario in cui ho mandato l’ultimo messaggio a mia figlia e quello in cui ho chiamato il 112 ho scoperto che erano passati solo 3 minuti. Dalle 10.33 alle 10.36». 
 

Tre minuti di terrore…
«Sì, eravamo terrorizzate mentre sentivamo loro che svuotavano il negozio. Una delle due commesse, che tra l’altro era già stata vittima di una rapina sempre al centro commerciale, non riusciva a respirare. Stava entrando nel panico. Io l’ho guardata, le ho poggiato le mani sulle ginocchia e l’ho invitata a respirare insieme a me. Ma anche io ero preoccupatissima: pregavo e speravo che finisse tutto bene perché non sai mai che può passare per la testa a quelle persone». 

Quando siete uscite?
«Quando abbiamo capito che erano andati via dal negozio abbiamo aperto la porta dello stanzino, ma proprio in quel momento li abbiamo visti minacciare un vigilante. Quello è stato in assoluto il momento in cui ho avuto più paura».
 

Perché?
«Ho pensato che se non fossero riusciti a scappare avrebbero preso una di noi in ostaggio per farsi strada tra la folla e raggiungere la macchina. E lì si sarebbe potuta scatenare una carneficina».
 

E invece così non è stato…
«Grazie a Dio no. Nessuno si è fatto male ed è stato un miracolo perché proprio davanti alla gioielleria c’è una piccola area giochi dove per fortuna in quel momento non c’era nessun bambino, sennò chissà che sarebbe successo. Noi comunque, ancora spaventate, abbiamo abbassato le serrande del negozio. E proprio in quel momento abbiamo sentito i colpi di pistola. Ci siamo messe le mani nei capelli: pensavamo fosse successa una strage. Per questo siamo rimaste ferme dentro il negozio finché non è arrivata la polizia per portarci in commissariato per la deposizione. E così quella che doveva essere una commissione veloce dal gioielliere è diventata una giornata assurda».
 

Al momento della rapina stava chattando con sua figlia, alla quale poi non ha più risposto. La ragazza si è preoccupata?
«Il mio primo pensiero è stato proprio lei. Dovevamo andare insieme a comprare il regalo, ma poi lei non aveva finito di studiare e per questo è rimasta a casa. E per fortuna aggiungerei, sennò sarebbe rimasta traumatizzata. Poi ho temuto che lei e le due sorelle potessero scoprire della rapina dai social. Per questo, appena ho potuto, le ho chiamate per dirgli che stavo bene, che non mi era successo nulla e che sarei tornata a casa più tardi del previsto». 
 

A casa infatti c’è tornata solo alle 17.30…
«Sì perché uscita dal commissariato sono tornata al centro commerciale per riprendere la mia macchina. Sono ripassata davanti al negozio e la sensazione è stata davvero brutta. Mi guardavo intorno, come se loro potessero essere ancora lì, e mi è tornata la paura…».

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