Cannabis light, filiera sul baratro e agricoltori in panico: “Governo omaggia le multinazionali e penalizza le aziende italiane”

Mentre nei campi è la stagione della fioritura della canapa, i piccoli agricoltori si domandano cosa ne sarà del loro raccolto se a settembre passasse la legge per bandirlo. Per ora è solo un emendamento al ddl sicurezza, approvato in una burrascosa seduta nelle commissioni Affari Costituzionali e Giustizia della Camera. Quanto basta agli addetti ai lavori per farsi un’idea: Giorgia Meloni e le destre hanno fatto un favore alle multinazionali del farmaco penalizzando le aziende italiane. Perfino Coldiretti, sempre benevola con palazzo Chigi, chiede di modificare “per la sopravvivenza di un intero settore”.

La norma stabilisce un principio contestatissimo e privo di solide evidenze scientifiche: la cannabis light senza thc equivale alla pianta con il thc (il principio attivo psicotropo) dunque è considerata uno stupefacente. Vietata la produzione e la vendita di infiorescenze, resine e oli. Eppure, secondo la consolidata tossicologia forense, quando il thc è sotto la soglia dello 0,5% sono esclusi effetti droganti. Ma il governo ha tirato dritto, con il risultato di spedire imprese e lavoratori vicino al baratro: a rischio ci sono quasi 11.000 posti di lavoro, 800 aziende agricole e 1.500 ditte specializzate nella trasformazione e nell’estrazione dei cannabinoidi.

Beppe Croce da stamattina ascolta al telefono le preoccupazioni degli imprenditori di Federcanapa: “Molti sono in panico, vogliamo far sapere loro che finché l’emendamento non diventerà legge possono continuare a coltivare, poi valuteremo un ricorso legale in Italia o in Europa, perché il provvedimento è grottesco e irresponsabile”. In gioco c’è l’intera filiera di un business in crescita e molto promettente: il cosiddetto oro verde, il Cbd. È uno degli altri principi attivi della cannabis, ma a differenza del thc non ha effetti psicotropi. Prima viene estratto dalla pianta, poi le aziende lo usano per arricchire prodotti di benessere ed erboristeria, cosmesi, alimentazione o soft drink. Oppure viene venduto come olio in gocce e in bustine, nelle infiorescenze della cannabis light.

Un mercato ucciso in culla, almeno in Italia. Non c’è solo l’emendamento: Il cannabidiolo è stato inserito nella tabella degli stupefacenti con il decreto del Ministero della Salute del 27 giugno scorso. Perciò, tecnicamente, può essere venduto con un’autorizzazione solo come farmaco. Ecco perché rischiano di chiudere bottega le migliaia di negozi della cannabis light. Proprio ora, luglio e agosto, che la canapa fiorisce: che ne sarà del raccolto? “Visto che per il governo è illegale, gli esponenti della maggioranza vadano nei campi a impedire che la pianta germogli, se ci riescono – dice il presidente di Federcanapa – Abbiamo chiesto più volte un incontro con l’esecutivo ma non ci hanno mai risposto”. Croce sperava nella mediazione di Forza Italia, in apparenza poco favorevole al provvedimento, invece la norma è passata nella formulazione originale. “Così si mettono all’angolo le aziende italiane per favorire le multinazionali del farmaco “, dichiara l’avvocato Zaina, che da anni assiste gli imprenditori e cittadini nei guai per via della cannabis. Secondo il legale equiparare la canapa industriale alla cannabis con thc non ha alcun fondamento scientifico né giuridico: “Un inno all’ideologia della destra, un principio del tutto irragionevole in nome di una caccia alle streghe: mettere fuori legge il cdb, è come farlo con lo zenzero”.

Luca Marola, imprenditore della cannabis light sotto processo a Parma, mette in guardia dal fiorire del mercato nero: “Si rade al suolo la nuova imprenditoria green e italiana della canapa, e se ne regalano gli introiti alle mafie”. Ora si prepara la battaglia legale: il regolamento europeo 1308/2013 sulla cannabis light prevale su qualsiasi legge o iniziativa nazionale. L’associazione Canapa Sativa Italia – che raduna circa 240 aziende – ha intenzione di appellarsi alla Commissione europea, con il rischio di una procedura di infrazione verso l’Italia.

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