Perché Israele ha attaccato il Libano? I confini e gli obiettivi dell’escalation. Cosa ha portato all’incursione

L’invasione israeliana in Libano è cominciata nella prima serata di ieri. Dopo il trascorrere di diversi giorni segnati dagli attacchi aerei mirati contro Beirut e nel Libano meridionale, il governo di Tel Aviv ha annunciato che il proprio esercito aveva avviato una serie di «incursioni terrestri limitate, localizzate e mirate» contro Hezbollah. Va ricordato che, giusto venerdì scorso, Israele aveva inferto un durissimo colpo al gruppo islamista sciita, uccidendone il leader Hassan Nasrallah in un attacco aereo nella periferia meridionale di Beirut.

Così, come spiegato anche dall’emittente britannica Bbc, Israele è passato all’offensiva dopo quasi un anno di ostilità innescate dalla guerra a Gaza, spiegando di voler garantire il ritorno in sicurezza dei residenti israeliani delle zone di confine, sfollati a causa degli attacchi di Hezbollah.

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L’allarme

Certo, Hezbollah è stato indebolito, ma non sconfitto. Ancora nelle prime ore della mattinata di oggi, ad esempio, proseguiva il lancio di razzi dal Libano verso Israele. In particolare l’esercito di Tel Aviv ha fatto sapere che in seguito a un allarme aereo scattato alle ore 7.36 (le 8.36 in Italia) nella zona di Metula (nord), sono stati identificati circa cinque razzi provenienti dal Libano, alcuni dei quali poi intercettati e altri caduti nella zona. E, dopo un allarme alle 7.46 nell’area di Avivim (sempre al nord), sono stati individuati diversi razzi provenienti dal Libano che sono caduti in aree aperte.

Non solo. Il portavoce in lingua araba delle forze di difesa israeliane, Avichay Adraee, ha detto che «Hezbollah sta usando i civili come scudi umani». Per l’esercito israeliano gli obiettivi pianificati dell’operazione di terra sono «situati in villaggi vicini al confine e rappresentano una minaccia immediata per le comunità israeliane nel nord di Israele».

Alcune fonti riportate dalla stampa locale ritengono che il capo del Comando Settentrionale dell’esercito sia favorevole alla creazione di una zona cuscinetto all’interno del Libano meridionale, per allontanare i combattenti e le infrastrutture di Hezbollah dal confine e, soprattutto, per consentire a Israele di riportare 60 mila civili nelle proprie case evacuate quasi un anno fa.

Il rapporto con Hezbollah

L’incursione in Libano, come si diceva, segue una serie di attacchi contro Hezbollah. Israele ha inflitto danni enormi all’organizzazione libanese nelle ultime settimane, uccidendo più di una dozzina di comandanti di spicco e distruggendo migliaia di armi in attacchi aerei. È stato anche accusato degli attacchi con cercapersone e walkie-talkie esplosivi. Per Israele, poi, l’uccisione di Nasrallah è stata una grande vittoria. 

Sul versante opposto, il ministero della Salute libanese ha dichiarato che gli attacchi israeliani hanno ucciso più di 1.000 persone nelle due scorse settimane, tra cui 87 bambini e 56 donne.

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha accolto con favore l’uccisione di Hassan Nasrallah. Ma ha aggiunto di voler rafforzare la posizione difensiva degli Stati Uniti in Medio Oriente, mentre il Pentagono ha avvertito le milizie sostenute dall’Iran di non cercare di sfruttare questo momento per attaccare le basi statunitensi. «Israele ha il diritto di difendersi contro. Quello che vogliamo vedere è una soluzione diplomatica, un cessate il fuoco», ha ieri sera detto la portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre. 

Nonostante i precedenti tentativi degli Stati Uniti di tenere a freno il leader israeliano e di convincere Hezbollah a una tregua, Benjamin Netanyahu ha lasciato intuire che agirà come riterrà opportuno, indipendentemente dalle pressioni di Washington.

In un discorso di lunedì il vice leader di Hezbollah, Naim Qassam, ha descritto gli attacchi con razzi, droni e missili contro Israele come «il minimo indispensabile» e ha assicurato che «uscirà vittorioso» dall’offensiva terrestre israeliana.

Il gruppo dispone ancora di migliaia di combattenti, molti veterani della guerra civile nella vicina Siria, oltre che di un consistente arsenale di missili, tanti a lungo raggio e a guida di precisione, in grado di raggiungere Tel Aviv e altre città neppure vicine ai confini.

L’assassinio di Nasrallah è stato un duro colpo anche per l’Iran e ha colpito al cuore la rete di milizie alleate, pesantemente armate, nota come “Asse della Resistenza”, fondamentale per la strategia di deterrenza contro Israele.

Domenica gli aerei israeliani hanno colpito le infrastrutture della città portuale di Hodeidah, in Yemen, sul Mar Rosso, in risposta ai recenti attacchi con missili e droni da parte del movimento Houthi sostenuto dall’Iran.

L’Iran potrebbe chiedere agli Houthi e ad altri gruppi di intensificare i loro attacchi sia contro Israele che contro le basi statunitensi nella regione. Ma qualunque fosse risposta, con ogni probabilità sarà calibrata alla perfezione per non innescare una guerra regionale che coinvolgerebbe gli Stati Uniti e che Teheran non potrebbe vincere.

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