Vuhledar, continua l’avanzata della Russia: il logoramento dell’esercito e il ritiro dalla città, come è crollata l’Ucraina dopo l’operazione di Kursk

Non è bastata la resistenza, non sono bastati i colpi inflitti agli uomini di Putin. Dopo mesi di combattimenti, oggi le forze ucraine hanno annunciato il ritiro da Vuhledar, martoriata cittadina del Donetsk finita per essere una delle tante linee del fronte. Una città chiave per l’Ucraina, e che ora lo sarà anche per la Russia.

Vuhledar, occupata dai russi la città chiave del Donetsk: perché è importante e cosa potrebbe succedere ora in Ucraina

La presa di Vuhledar

Cittadina da 14mila anime prima della guerra, Vuhledar ormai non è altro che un cumulo di macerie, dove pare si ostinino a vivere un centinaio di civili, che evidentemente non hanno altre alternative. Simbolo della fiera resistenza ucraina, come Bakhmut e Avdiivka prima di lei, ora rischia di essere un altro tassello della ritirata nel Donbass, a testimonianza della fase molto delicata che sta vivendo l’Ucraina, al netto dell’operazione-immagine del Kursk. Una mossa, quella, tra le ultime riuscite a Zelensky, sempre più succube delle manovre di Putin, che con Vuhledar sembra aver inflitto un altro colpo importante agli ucraini.

Secondo quanto riportato dalla CNN, la Russia sarebbe infatti riuscita ad inviare riserve sui fianchi della città, accerchiandola e costringendo gli uomini di Zelensky al ritiro. La decisione di ritirarsi, ha affermato l’esercito, sarebbe stata presa «per salvare personale ed equipaggiamento militare», evitando una tragedia ancora più grave.

Il logoramento delle difese ucraine (e l’importanza della città)

Da tempo tra gli obiettivi chiave del presidente Putin, la presa di Vuhledar è un tassello importante per la conquista dell’intera regione orientale del Donbass. Costruita intorno a una miniera di carbone (il suo nome deriva infatti proprio dalla parola ucraina che significa “carbone”), la città si trova a circa 50km a sud di Pokrovsk, considerata negli ultimi mesi il principale fulcro degli attacchi russi a est. Secondo quanto riportato dalla CNN, pur non essendo un hub di trasporto e logistica come Pokrovsk, Vuhledar era pesantemente fortificata e considerata un bastione cruciale all’incrocio dei fronti orientale e meridionale dell’Ucraina. Situata all’incrocio dei fronti Zaporizhia e Donetsk, rappresentava una minaccia costante per il raggruppamento che copriva gli accessi a Mariupol, città ucraina in mano russa dal 2022. Ma proprio come Avdiivka, altra città strategica nell’est caduta a febbraio, Vuhledar è vittima non tanto dell’abilità strategica russa, ma di un vero e proprio logoramento. Per due anni l’Ucraina ha infatti messo in atto una difesa formidabile, mentre la Russia ha tentato più volte, senza successo, di conquistare la città.

I prossimi scenari: cosa succede ora?

La presa di Vuhledar dimostra non solo come la Russia sia riuscita a rialzarsi dopo l’operazione del Kursk, ma anche il vantaggio in termini di manodopera di cui dispone ancora, quattro mesi dopo l’entrata in vigore della legge ucraina sulla mobilitazione. Una superiorità tangibile, sia guardando gli uomini che i mezzi, emersa con l’arrivo delle riserve che hanno circondato la città ucraina. Il tutto, due mesi dopo la mossa di Zelensky di estendere il campo di battaglia alla regione russa di Kursk per allentare la pressione sugli altri fronti e contribuire a capovolgere le sorti dell’Ucraina dopo l’avanzamento della Russia a est tra la primavera e l’estate.

Eppure solamente una settimana fa proprio Zelensky aveva detto alla rete statunitense ABC di «essere più vicini alla pace di quanto pensiamo». Ma ora la perdita di Vuhledar comporterà una nuova strategia, con l’Ucraina che dovrà combattere per impedire alla Russia di avanzare ulteriormente verso ovest, rendendo la prospettiva di riconquistare il territorio ancora più remota.

Gli aiuti dagli Usa e dalla Nato (e le nuove strategie)

Nel mentre, a Bruxelles, Jens Stoltenberg ha ceduto il testimone a Mark Rutte – consegnandogli il martelletto del segretario generale, nella fattispecie un pezzo da collezione degli anni ’60 usato solo per le grandi occasioni – completando così il lungo processo di successione. L’ex premier olandese ha confermato che l’Ucraina sarà una delle sue «tre priorità» (le altre due sono la deterrenza e la difesa, ovvero il core business della Nato, e le partnership globali, in primis con l’Unione Europea). Il prossimo passo, in questo senso, sarà il vertice in Germania del formato di Ramstein, questa volta a livello di leader. Lo ha voluto Joe Biden per fare il punto sugli aiuti militari nonché sull’uso che Kiev può farne, compresi gli agognati missili a lungo raggio. «Chi fa pressione sui nostri partner affinché non ci consegnino armi a lungo raggio capaci di colpire sul territorio russo ci sta legando le mani, cosi non possiamo proteggere non solo la nostra nazione ma anche l’Europa, compreso il popolo italiano», ha ribadito all’ANSA l’ex presidente ucraino Petro Poroshenko durante la sua visita all’Eurocamera a Bruxelles. Rutte, incalzato sul punto, si è limitato a dire che «sono i singoli alleati a dover decidere» ma ha detto pure di «comprendere» le richieste di Kiev, peraltro in linea con il diritto internazionale. «Quest’anno – ha notato – abbiamo visto le forze russe compiere alcuni limitati guadagni sul campo di battaglia benché questi progressi, non dimentichiamolo, sono stati costosi». Si parla di «1.000 morti o feriti» al giorno tra i russi. Numeri esorbitanti. Ma evidentemente non sufficienti per fermare il Cremlino. Allora serve un serio check-up, dentro e fuori l’Alleanza.

In pubblico e in privato ormai si discute apertamente dell’esigenza di una nuova strategia, anche da parte di Volodymyr Zelensky, che non può continuare a promettere una vittoria totale sempre più irrealistica. Secondo fonti ben piazzate del Financial Times, Biden potrebbe essersi deciso a far «avanzare» il dossier dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato sulla falsariga del modello della Germania Ovest, ammessa nell’Alleanza quando era ancora divisa e occupata dai sovietici. Se ne parla da mesi e potrebbe rientrare in uno scenario più ampio, che comprende il negoziato con Mosca, per arrivare perlomeno ad una tregua nel 2025. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz, guarda caso, starebbe pianificando una telefonata con Vladimir Putin (stando ai media tedeschi). Se confermato, sarebbe degno di nota. L’ultimo contatto fra i due risale al dicembre 2022 ed è risaputo il ruolo di pontiere della Germania con la Russia – persino fin troppo, se si presta orecchio alle capitali del fianco est della Nato. Insomma, le notizie che vengono dal fronte vanno ricomposte in un mosaico articolato. Il Cremlino lo sa e sta spingendo sull’acceleratore. Nel mirino ora c’è lo snodo strategico di Pokrovsk: la sua conquista sarebbe d’importanza ben più che simbolica. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Link sorgente : Vuhledar, continua l'avanzata della Russia: il logoramento dell'esercito e il ritiro dalla città, come è crollata l'Ucraina dopo l'operazione di Kursk