Bimba di 6 anni resta senza scuola, manca l’infermiere. La mamma: «Non si gioca al ribasso»

C’è una scuola a Martinsicuro, ma non è l’unica purtroppo in Italia, dove il banco di una classe è rimasto vuoto. Silvia, la bambina di 6 anni che dovrebbe occuparlo, è nata con una mutazione del gene Scn2a e per poter stare in classe ha bisogno di avere un infermiere che possa intervenire in caso di necessità che, però, manca e per questo è costretta a restare a casa. E tutto questo nonostante il diritto all’istruzione sancito anche dalla Costituzione così come quello all’inclusione di cui tanto si parla.

LE CURE
Per lei quest’anno doveva essere speciale dopo tanti altri trascorsi con lunghe ospedalizzazione nei reparti del Bambin Gesù dov’è in cura sin dalla nascita. La scuola, infatti, l’avrebbe dovuta aiutare ad inserirsi in un nuovo percorso tanto atteso. Ma così non è stato perché dopo le prime due settimane in cui in classe con Silvia c’è stata sua madre Sonia Costantini, l’infermiere richiesto alla Asl non è arrivato e a quel punto la bambina si è dovuta fermare. E così adesso i genitori della piccola hanno iniziato una battaglia per vedersi riconoscere il diritto alla salute della propria figlia. A sostenerli c’è anche Claudio Ferrante, presidente dell’associazione carrozzine determinate, da sempre pronto a difendere chi si trova in una condizione di fragilità. Silvia era appena nata quando ha avuto il suo primo episodio di crisi epilettica. «Dopo qualche mese – racconta la mamma – abbiamo avuto la diagnosi: encefalopatia epilettica e di sviluppo per mutazione genetica». Una malattia rara che nel 2022 ha portato Sonia ad aprire una pagina Facebook attraverso la quale far conoscere la loro storia e «promuovere un progetto di ricerca con la speranza di una cura». Questo dopo essersi sentiti abbandonati come molti genitori nella loro stessa situazione con una bambina che ha sempre avuto bisogno di cure e che adesso, arrivata all’età di 6 anni, dovrebbe andare a scuola, ma con l’assistenza di un infermiere che possa aiutarla nell’idratazione e nell’alimentazione tramite peg (la gastrostomia endoscopica percutanea).

«Silvia, però, per poter andare a scuola ha bisogno della presenza dell’infermiere che le garantisca anche la somministrazione dei farmaci oltre all’idratazione e all’alimentazione – spiega Sonia – Le prime due settimane in classe con lei ci sono stata io per tutto il tempo, ma poi ho capito che non era giusto perché gli altri bambini non vanno a scuola con i genitori». Prima dell’avvio dell’anno scolastico Sonia aveva fatto richiesta alla Asl di poter avere un infermiere, ma ad oggi non è arrivato nessuno.

LA BATTAGLIA
E così la bambina è dovuta tornare a casa, dove ha la sola possibilità di seguire le terapie e non più le lezioni. «Per ben due volte ho incontrato il direttore sanitario della Asl e dopo un’iniziale resistenza mi era stata accordata la presenza dell’infermiere a scuola, ma attraverso l’Adi – spiega sempre Sonia -, chiedendo però a me di sottoscrivere un piano assistenziale integrato che non rispetta le norme». Farraginose applicazioni della burocrazia che si stanno scagliando contro una bambina che ne ha già passate tante e che vorrebbe e dovrebbe soltanto andare a scuola senza il peso di incombenze che spettano agli adulti, quelli delegati a leggere le carte, sì, ma qualche volta anche a saperle smaltire con più velocità di altre se c’è davanti l’urgenza. «Non si gioca al ribasso con la disabilità. I nostri figli dovrebbero essere liberi di vivere le loro esperienze, esattamente come ogni altro bambino: andare a scuola, come diritto di ogni bambino», aggiunge la mamma di Silvia che adesso chiede l’intervento della Regione Abruzzo.

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