Gaza, raid Israele sul condominio degli sfollati: 109 morti. La strategia di Tel Aviv e le possibili conseguenze

Sale il bilancio delle vittime a Beit Lahiya, nel nord della Striscia di Gaza. Stando alle ultime notizie riportate dall’emittente al-Jazeera, almeno 109 persone sarebbero rimaste uccise a seguito di un raid israeliano su un edificio residenziale, come confermato da fonti mediche locali.

Ma l’attacco di Tel Aviv si inserisce in un quadro bellico complicato compromesso da decisioni che non garantiscono gli aiuti umanitari.

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Cosa è successo 

Il raid israeliano ha colpito un condominio di cinque piani che ospitava circa duecento persone, tra cui molte famiglie sfollate, decine di abitanti sono ancora intrappolati sotto le macerie, con poche attrezzature disponibili per il loro recupero. Intanto, Axios riporta informazioni sul direttore della CIA Bill Burns, che starebbe discutendo, nel corso della sua missione a Doha, di una possibile nuova formulazione per un cessate il fuoco e un accordo per il rilascio degli ostaggi.

Secondo tre fonti israeliane, Burns avrebbe proposto un cessate il fuoco di 28 giorni, durante il quale Hamas rilascerebbe «otto donne di tutte le età o uomini oltre i 50 anni» in cambio della liberazione di prigionieri palestinesi, un piano organizzato nei recenti incontri con rappresentanti israeliani e del Qatar.

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L’abolizione dell’Unrwa 

In questo contesto di violenza, la decisione israeliana di bandire l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi (Unwra) pare essere una condanna per la vita dei civili. Fondata nel 1949 per rispondere all’esodo di massa dei palestinesi dalla loro terra dopo la guerra arabo-israeliana, fornisce oggi servizi essenziali a circa 5,9 milioni di rifugiati palestinesi sparsi tra Gaza, Cisgiordania, Giordania, Libano e Siria. L’agenzia conta oltre 30.000 dipendenti, in gran parte palestinesi locali, e gestisce una vasta rete di servizi: 711 scuole per oltre 526.000 studenti, 139 strutture sanitarie per più di 9 milioni di visite annuali e un programma di microfinanza che ha erogato prestiti per oltre 531 milioni di dollari.

Fornisce anche assistenza specifica a gruppi vulnerabili, come famiglie senza capofamiglia maschio, e aiuta circa un milione di persone a Gaza, dove la povertà è estrema.

La Knesset, il parlamento di Tel Aviv, ha approvato due leggi che vietano completamente all’organizzazione di operare in Israele, Gerusalemme Est, Cisgiordania e Gaza, dichiarandola formalmente un’ “organizzazione terroristica”. Le normative entreranno in vigore tra 90 giorni e comporteranno la chiusura della sede di Gerusalemme Est, il blocco degli aiuti umanitari al valico di Rafah e il divieto di rilascio dei permessi di lavoro al personale internazionale. La decisione giunge dopo tensioni cominciate a gennaio, quando Israele ha accusato 12 dipendenti dell’agenzia di aver partecipato agli attacchi di Hamas del 7 ottobre. A livello internazionale, l’Oms ha dichiarato intollerabile la decisione di Israle. Canada, Australia, Francia, Germania, Giappone, Corea del Sud e Regno Unito hanno chiesto a Israele di bloccare la legislazione, la reazione alle scelte di Tel Aviv sembra essere unitaria ma inefficace.

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