“Eravamo intrappolati come topi, è stato come uno tsunami”: le storie dei sopravvissuti a Valencia
Auto trascinate, persone inghiottite dall’onda inarrestabile di fango e acqua, altri alla deriva, aggrappati alle palme come ultima resistenza per non cedere a quello che è sembrato “uno tsunami, improvviso”. Sono tantissime le testimonianze raccolte dai media spagnoli di chi è fortunosamente scampato al disastro di tornado e inondazioni che si è abbattuto su ampie zone del Paese, in particolare sulla regione di Valencia, dove in otto ore è caduta la pioggia di un anno. Sono oltre 70 i morti e decine i dispersi.
Sono racconti fatti tra i singhiozzi e le lacrime, con il terrore ancora ben visibile negli occhi. Come quello di un signore venezuelano di 50 anni, Juliano Sánchez, soccorso con sintomi di ipotermia dopo essere rimasto aggrappato ad alcune palme nella zona di Alfafar, per sette lunghissime ore. “Non volevo morire, mi sono aggrappato ad alcune palme e ho resistito con tutte le mie forze perché il fiume non mi trascinasse via”.
Oppure quello di un abitante di Sedavi, travolto mentre era nella sua auto da un’enorme massa d’acqua: “Con il pugno ho rotto il finestrino per poter scappare dall’auto, perché la corrente la stava trascinando via”. “Eravamo intrappolati come topi. Auto e cassonetti della spazzatura galleggiavano andando alla deriva lungo le strade, trascinati dalla corrente. L’acqua stava salendo fino a tre metri”, ha detto all’emittente tv Rtve Ricardo Gabaldón, sindaco di Utiel, una cittadina di oltre 12mila abitanti nella comunità autonoma Valenciana, dove diverse persone risultano ancora disperse.
“All’inizio era normale, simile ad altre volte in cui pioveva molto, ma all’improvviso, quando il fiume è esondato, per strada è stato uno tsunami. Ha travolto tutto, le macchine galleggiavano come se fossero barche. Non pensavamo che sarebbe aumentato così velocemente. L’acqua veniva col fango, era tutto fango e ancora fango”, racconta un’insegnante di 37 anni di Algemesí, Helena Carrascosa. La velocità con cui si è sviluppato il disastro si ritrova in diverse testimonianze: “Quando hanno inviato l’allarme, sono salita in macchina per tornare a casa dal lavoro”, ha raccontato alla Vanguadia una abitante di Sedavi. Poi, quando “ero in strada ci hanno detto ‘sta arrivando l’acqua, sta arrivando l’acqua’. E tutto ha cominciato ad allagarsi. Le auto hanno iniziato a galleggiare. L’acqua è arrivata sui cofani e poi sui tetti delle auto. A quel punto un camionista ha aperto il rimorchio e noi siamo saliti”. Patricia ha raccontato, ancora piangendo, che accanto a lei c’erano diverse famiglie, con i bambini, che in quel momento non sapevano cosa fare e che hanno dovuto trovare il coraggio per cercare una via d’uscita.
Tra mille peripezie molti di loro sono infine riusciti a raggiungere il centro sportivo Petxina di Valencia, dove i soccorritori hanno allestito per gli sfollati un ostello, del tutto simile ai numerosi altri in quasi tutti i centri investiti dal disastro. E non a caso, riconoscente per il “lavoro titanico” che hanno svolto, re Felipe VI di Spagna ha volto inviare un messaggio di gratitudine “agli enti locali e regionali e a tutti i servizi di emergenza, alle Forze Armate e ai Corpi di Sicurezza dello Stato”, e allo stesso tempo ha espresso “le più sentite condoglianze alle famiglie e agli amici” di tutte le vittime.
“Non ho mai vissuto nulla di simile”, “ci sono persone che hanno perso tutto”, il canale che scorre vicino alle parte bassa di Torrent è straripato per la pioggia “portandosi via case e macchine”, ha raccontato a LaPresse María Jesús Herrada Ricart, consigliera comunale di Torrent, piccolo paese nella provincia di Valencia che ha subito pesanti danni. A Torrent sarebbero state tra 15 e 20 le vittime, e risultano ancora persone disperse. Il paesino, racconta Herrada Ricart, è per metà isolato, alcuni ponti sono crollati e restano aperti solo due accessi. Circa 800 persone sfollate sono attualmente ospitate in una struttura sportiva. “Stiamo aspettando che arrivino i letti, passeranno di nuovo la notte qui”, ha detto la consigliera, che ha lamentato un ritardo nell’arrivo dell’allerta e nessuna attività di prevenzione. “Non ho mai vissuto nulla di simile, vedi questo genere di disastri in tv, ma quando li vivi in prima persone, dovendo assistere genitori che hanno perso i figli e persone che hanno perso tutto, è diverso. Qui ci sono persone umili, alcune vivono da sole, e si domandano: ora che succede, dove andrò”, ha detto Herrada Ricart, raccontando che la sua abitazione si è salvata dall’alluvione perché si trova nella parte alta del paese. Tra le gente, dice, “c’è un sentimento di desolazione, di solitudine”. lcl/scp
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