L’Argentina di nuovo in piazza contro Milei, due giorni di sciopero nel settore dei trasporti: “Serve l’adeguamento dei salari”

Ancora una volta in Argentina ci sono state mobilitazioni contro il governo di Javier Milei. Mercoledì 30 e giovedì 31 ottobre è stato il mondo dei trasporti a fermarsi con 24 ore di sciopero che hanno paralizzato Buenos Aires e il Paese mercoledì, quando treni, aerei, taxi, metropolitane e navi hanno tenuto i motori spenti rispondendo alla chiamata della Direzione Nazionale dei Trasporti. L’Unión de Tranviarios Automotor (UTA), che vede a capo Roberto Fernández, ha deciso invece di scioperare giovedì, garantendo per il 30 il servizio degli autobus e dei combi.

Claudio Dellecarbonara, dell’Asociación Gremial de Trabajadores del Subterráneo y Premetro (AGTSyP), il sindacato dei lavoratori e delle lavoratrici della metropolitana della capitale facente parte della UTA, dichiara a Ilfattoquotidiano.it che “lo sciopero di questi giorni ha a che fare con la situazione che stanno vivendo i lavoratori e i settori popolari nel Paese. Si tratta di rifiutare il piano economico del governo, un piano di miseria, fame e repressione. Un piano che mira ad arricchire alcune minoranze della popolazione, come speculatori, grandi imprenditori e multinazionali, a scapito degli interessi della maggioranza, costituita da lavoratori, impiegati, disoccupati, pensionati, alcuni precari e persone esternalizzate”.

Secondo il delegato sindacale, “l’obiettivo dello sciopero è stato quello di rifiutare il piano di ‘aggiustamenti’ e nel caso specifico porre alcune richieste del settore”. Il centro della protesta è quello dell’adeguamento dei salari del settore dopo la rottura delle trattative con il ministero ed evitare la reintroduzione dell’imposta sul reddito dei lavoratori, in realtà una tassa sui redditi elevati in un contesto in cui i salari reali sono compressi. A questi si sommano più ampie richieste di garanzie per lavoratori e lavoratrici d’Argentina. Ciò ha permesso, nonostante la divisione dei sindacati del settore e il silenzio della CGT (il più grosso sindacato del Paese), di raccogliere adesioni e mobilitazione anche da chi non fa parte del mondo dei trasporti. In strada sono scese le economie popolari che soprattutto a Buenos Aires hanno organizzato 500 blocchi stradali intermittenti e rilanciato il rifiuto alle politiche di Milei. Secondo il docente dell’Università di Buenos Aires, Adrià Piva, sono tre i fattori che ci aiutano a capire la mobilitazione degli ultimi giorni: “Il primo è l’offensiva del capitale organizzata dallo Stato contro l’insieme dei lavoratori dall’arrivo di Milei al governo il 10 dicembre 2023. Il secondo ha a che fare con tutte le lotte e le resistenze che sono state messe in campo dal 20 dicembre 2023 e che hanno coinvolto l’intero movimento operaio, ma anche il movimento femminista, il movimento per i diritti umani, il movimento studentesco, le lotte universitarie e così via. Il terzo ha a che fare con le divisioni nel movimento sindacale organizzato, in particolare dentro alla CGT”.

Dellecarbonara aggiunge poi che “partecipiamo alla mobilitazione nonostante siamo critici nei confronti della Direzione Nazionale dei Trasporti. Crediamo che con azioni isolate, come si sono svolte ogni due o tre mesi, senza essere discusse nelle assemblee dei lavoratori né essere votate non riusciremo a fermare il piano di guerra del governo contro i lavoratori e le lavoratrici”. Sono tante le mobilitazioni e le critiche a Milei, ma manca un piano unitario d’alternativa e opposizione. I tanti ‘no’ non diventano ‘sì’ e i il partito d’opposizione peronista è talmente in crisi che cerca conforto in Cristina Kirchner. La ex presidentessa però è invisa a due terzi della popolazione. Seppur non riesca a dare strappi come vorrebbe, Milei oggi è messo più in crisi dallo scontro con Macrì che dagli altri partiti. Sempre per Adrià Piva, “in larga misura le conseguenze più profonde di ciò a cui stiamo assistendo, il processo di resistenza che si sta sviluppando, si vedranno nel futuro, nel prossimo futuro. Vedremo soprattutto se il governo sarà capace di negoziare con le organizzazioni finanziarie internazionali, in particolare con il Fondo Monetario Internazionale, per ottenere finanziamenti che gli permettano di uscire dalla recessione economica e, in questo contesto, di cercare di isolare i lavoratori e lavoratrici”. Però secondo Piva c’è “in gioco il futuro di questo processo di resistenza, che sta crescendo in un contesto in cui il governo sta perdendo il sostegno sociale”. A quasi un anno dall’inizio del governo Milei la confusione in Argentina è tanta, la situazione economica resta difficile, il governo, pur perdendo consenso, continua a godere di un notevole supporto anche perché, tolto il movimento femminista e la sua capacità di amalgamare altre forze e istanze, manca una prospettiva unitaria d’alternativa.

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