Silenzi, divisioni e voti sbagliati: così il Pd è andato in pezzi in Ue sull’Ucraina. FdI astenuta sui punti controversi, governo spaccato

Divisi, disorientati e in alcuni casi anche molto confusi. Sono i partiti italiani dopo il voto del Parlamento europeo sulla risoluzione che ha ribadito il pieno sostegno a Kiev “fino alla vittoria dell’Ucraina“. Che tra le forze di governo e all’interno dei singoli partiti esistessero posizioni diverse e contrarie non lo si è certo scoperto col voto di giovedì. Ma nel day after del nuovo step europeo in direzione di un’escalation con Mosca, con la decisione di “deplorare” l’iniziativa diplomatica del cancelliere tedesco Olaf Scholz, di favorire l’invio di armi a lunga gittata e di consentirne l’uso in territorio russo, la risolutezza sembra lasciare spazio alla confusione. È così tra i partiti di maggioranza, ma soprattutto all’interno del Pd, la forza politica che sul tema, tra correnti che tirano in direzioni opposte e rappresentanti indipendenti, si dimostra priva di una linea condivisa. Per il capodelegazione Nicola Zingaretti questo è il bello del “pluralismo” concesso dal partito, ma il messaggio che passa, tra preferenze sbagliate e poi corrette, indicazioni di voto prontamente smentite e leader che sul tema non si esprimono, è quello di una forte divisione interna.

Da che parte sta il Pd?
Il silenzio. È proprio questo che colpisce di più dopo una risoluzione così importante, il giorno dopo il faticoso via libera alla nuova Commissione europea e, soprattutto, a nemmeno un mese dal risultato delle elezioni americane che sanciscono un preannunciato cambio di strategia di Washington sulla questione ucraina. Anche in questo caso, Elly Schlein lascia il partito, almeno pubblicamente, senza indicazioni e i suoi affiliati nell’incertezza. E le conseguenze si sono viste. Poco prima del voto, il capodelegazione Nicola Zingaretti ha dettato la linea, o almeno ci ha provato: “La delegazione italiana del Partito Democratico voterà a favore della risoluzione di sostegno all’Ucraina. Il testo mantiene, insieme alla richiesta della difesa del diritto internazionale, l’impegno alla ricerca di una soluzione diplomatica, il protagonismo dell’Europa per portare avanti una proposta di pace e la richiesta di un impegno crescente al sostegno di aiuti umanitari. Voteremo, in coerenza con la posizione già assunta nei mesi passati, contro l’utilizzo dei sistemi missilistici avanzati su territorio russo e ogni altro territorio. Sosterremo inoltre la condanna all’utilizzo delle mine antiuomo”.

Sull’invio di missili a lungo raggio, però, questa compattezza non si è affatto vista: sei eurodeputati (Bonaccini, Gori, Maran, Picierno, Tinagli e Zan) hanno votato a favore, mentre gli altri nove presenti si sono dichiarati contrari. Poi, però, Bonaccini e Zan hanno ammesso l’errorechiedendo una rettifica: ilprimo si è astenuto, mentre il secondo si è dichiarato contrario. Picierno, invece, rivendica la sua scelta, compresa quella di permettere a Kiev di colpire in territorio russo. Cecilia Strada e Marco Tarquinio, indipendenti tra le fila del Pd, hanno invece optato per un voto di coscienza, opponendosi a qualsiasi ulteriore aumento del coinvolgimento europeo nel conflitto e astenendosi al voto sulla risoluzione finale. “Dopo mille giorni di guerra sono sempre più convinta che la soluzione non sia fornire all’Ucraina armi sempre più potenti e togliere le restrizioni all’uso contro la Russia – aveva già dichiarato Strada il giorno prima del voto in un’intervista al Manifesto – Anche nel popolo ucraino cresce il desiderio di un negoziato, che non vuol dire una resa. E a chi dice che non si tratta con un criminale rispondo che la pace si fa con un nemico”.

La situazione ha costretto Zingaretti a riprendere la parola, con un’intervista a La Stampa, nel tentativo di far passare questo risultato come un qualcosa da accogliere positivamente: “Sulla possibilità per l’Ucraina di colpire in Russia ci sono nel Pd, come noto, opinioni diverse. Ma sulla risoluzione unitaria il partito ha votato compatto a favore. Io ricordo critiche in passato contro un Pd monolitico che non lasciava spazio al pluralismo e alla ricchezza di idee. Quando questo pluralismo si esprime, allora non si fa che rimpiangere il monolite”.

Da FdI scarso coraggio. E il governo va in tre direzioni diverse
Anche Giorgia Meloni risulta non pervenuta sul tema, se si esclude un rapido passaggio nel suo intervento al Convegno di Pontignano, organizzato dall’Ambasciata britannica in Italia e dal British Council, nel quale si è limitata a ribadire che Italia e Regno Unito hanno assicurato “il sostegno incondizionato all’Ucraina fin dal primo giorno della guerra di aggressione russa” e stanno compiendo uno “lo sforzo congiunto per porre fine al conflitto e offrire al popolo ucraino un futuro di pace”. Il sostegno di Fratelli d’Italia alla risoluzione c’è stato, è vero, ma sulle decisioni più controverse, come ad esempio l’invio di armi a lungo raggio a Kiev, i suoi europarlamentari hanno optato per l’astensione, lasciando quindi il dubbio sulla reale posizione del governo italiano sulla questione, dato che l’invio di sistemi d’arma è una prerogativa dei singoli Stati e non dell’Unione. E lo stesso hanno fatto sulla parte del testo in cui si “accoglie con favore la decisione del Presidente degli Stati Uniti Joe Biden di consentire all’Ucraina di utilizzare sistemi missilistici avanzati su obiettivi militari situati in territorio russo” e inoltre si “invita l’Ue e i suoi Stati membri ad adottare misure analoghe, eliminando le restrizioni all’uso di sistemi militari per operazioni di difesa legittime al di là dei confini dell’Ucraina, al fine di scoraggiare ulteriori aggressioni russe”.

Chi su questo ha preso una decisione netta, in disaccordo con l’alleato di governo, è invece Forza Italia. Per questo il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha dovuto giustificarla, confermando quella che è la sua linea fin dall’inizio del conflitto: “L’Italia ha sempre detto di usare le nostre armi solo sul territorio ucraino, non in Russia, perché non siamo in guerra con la Russia. Sull’Ucraina la nostra posizione rimane immutata, la Russia è l’aggressore”. Posizione che ha collocato FI in una posizione differente rispetto anche alla maggioranza del Ppe, favorevole invece all’utilizzo di armi in territorio russo. I forzisti, comunque, si sono espressi favorevolmente riguardo all’invio di armi a lunga gittata.

E se si sbagliano pure le votazioni…
Ad aumentare il caos arrivano poi, puntuali come a ogni votazione, gli errori degli eurodeputati. Chi ha letto la lista delle votazioni per appello nominale ha notato che alcuni degli italiani, come ad esempio il verde Ignazio Marino o il Dem Alessandro Zan, hanno spesso votato contro il proprio partito, così come, in qualche caso, anche Stefano Bonaccini. La ricerca di una spiegazione a certe scelte trova infine la sua conclusione più semplice quando nella documentazione ufficiale appare una lunga lista di richieste di rettifica: hanno sbagliato a votare.

Non si tratta di casi rari o isolati, è abbastanza frequente che richieste di modificare il proprio voto appaiano a poche ore dai lavori dell’aula. Questo per un motivo semplice: il Parlamento è chiamato a esprimersi su numerosi dossier e rispettivi emendamenti, così gli eurodeputati si preparano una lista con le preferenze da esprimere già prima dell’inizio della seduta. Ma basta la lettura sbagliata di un emendamento, una distrazione che faccia saltare una votazione o un attimo di incertezza che non è difficile perdere il filo e continuare a votare emendamenti diversi da quelli sui quali si pensa ci si stia esprimendo.

Emblematico quanto successo ai Verdi italiani che, da sempre contrari al prevalere dello scontro sulla via diplomatica, avevano votato a favore della risoluzione finale, come Marino, oppure si erano astenuti, come Leoluca Orlando e Benedetta Scuderi. Tanto che è stata necessaria la pubblicazione di una nota da parte della delegazione: “In merito alla risoluzione sull’Ucraina votata ieri al Parlamento europeo, ribadiamo la nostra contrarietà a tutte le parti del testo relative all’invio di armi a cui ci siamo opposti anche con il nostro voto in plenaria, mentre abbiamo accolto con favore gli emendamenti proposti dal gruppo Left in cui si chiede una de-escalation del conflitto. Sebbene nella risoluzione si parli anche di un processo di pace, rimaniamo convinti che questo non si possa portare avanti inviando missili e facendo così diventare inevitabile una ulteriore escalation del conflitto. La nostra linea è chiara da tempo, un approccio che si basa esclusivamente sull’invio di armi fa passare in secondo piano l’uso della diplomazia come mezzo imprescindibile e prioritario per mettere fine alla guerra. Le prospettive di pace devono essere sostenute diversamente e non continuando ad alimentare un pericoloso ricorso agli armamenti. Questa è la nostra posizione anche dentro il Parlamento europeo, al di là dell’errore materiale che si è verificato ieri sul nostro voto e che abbiamo prontamente provveduto a far correggere, confermando i nostri tre voti contrari”.

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