Premio Paolo Graldi nel nome del buon giornalismo
Si è preso bonariamente il Palazzo, Paolo Graldi. È entrato a Montecitorio, in formato ricordo, perché lui non c’è più ma è come se ci fosse ancora, e lo ha fatto a modo suo. Portando con sé un’infinità di amici. Mancavano nella Sala della Regina i tortellini, di cui era ghiotto spacciatore questo grande giornalista, ma vabbè: non si può avere tutto e Paolo ha già dato tantissimo.
Non c’è nessuno dei presenti, a questa prima edizione del Premio Graldi, che non abbia conservato un sorriso, un regalo, un consiglio (milioni di consigli) o una briciola di felicità targata Graldi. E quindi ha avuto una bellissima idea la moglie Simona. Quella di girare un video, quando Paolo era vivo e come sempre seduto al tavolo di lavoro di fronte al quale spicca un poster delle sue amate Ferrari di Formula 1, in cui lui parla appunto della felicità, che era uno dei suoi temi prediletti. Così come lo era l’omonima canzone di Lucio Dalla che si sente in sottofondo: «Ah, felicità / Su quale treno della notte viaggerai / Lo so / Che passerai / Ma come sempre in fretta / Non ti fermi mai».
LEGGEREZZA
E sì, spiega Graldi, con la sua leggerezza profonda e supponente mai, «la felicità ci accarezza ma è inafferrabile. È un attimo che diventa subito un ricordo e o un rammarico». La bellezza di questo grande cronista, di questo direttore di giornali, di questo uomo particolarissimo e per nulla inafferrabile anche se sprizzava felicità, è che univa una capacità professionale solidissima e un attaccamento al reale e ai fatti da capire sul campo e da raccontare senza fronzoli a una poesia interiore e a una grazia esteriore che possono valere come un esempio e come un canone. Perciò, si è pensato di istituire il Premio Graldi e tutti quelli che si sono riuniti per questa occasione – curata dal coordinatore della giuria, Massimo Martinelli, condotta insieme a lui da Paola Saluzzi e conclusa con un saluto di Emilio Albertario segretario dell’Associazione intitolata a questo giornalista di razza alla Biagi e Zavoli con i quali non a caso ha lavorato in tivvù segnando la storia con trasmissioni importantissime – non hanno potuto che insistere, a cominciare da Gianni Letta, sullo speciale mix di umanità e mestiere, che trasudava da ogni sillaba e da ogni sguardo di Paolo.
Letta cita dal palco un ricordo di Graldi espresso dall’editore che gli affidò la guida di due giornali del gruppo, Il Mattino e Il Messaggero: aveva un approccio «non stantio e anti-conformista» alle persone e ai fatti, «era un uomo libero, e una persona mai banale e mai venale». Oltre ai colleghi di una vita (alcuni lo hanno ricordato anche tramite un breve video), ai direttori di giornali (Guido Boffo e Roberto Napoletano in primis) e agli amici, tra le personalità ci sono Francesco Gaetano Caltagirone con la compagna Malwina Kozikowska, il generale Vincenzo Tomasone, Barbara Palombelli e Francesco Rutelli, Giovanni Malagò e così via.
Causa consiglio dei ministri, non è arrivato il ministro Piantedosi che di Paolo era vero estimatore. Ecco invece Simonetta Matone che, da deputata, ha chiesto l’utilizzo della sala e lo ha avuto e ha accolto questa larga compagnia di inossidabili graldiani: «Ci mancano tante cose di lui e soprattutto manca in questa fase difficile il suo profondo garantismo. Non da uomo di destra, che non era, ma da persona corretta, perbene e laica nel suo rapporto con la politica». Ma i premiati? Chi sono i meritevoli? A chi è andato l’onore non del ricordo (lui era sempre proiettato oltre) di Paolo ma della testimonianza attiva e dello sviluppo sul campo del giornalismo, anche con i nuovi strumenti digitali del mestiere, del metodo Graldi?
Ecco finalmente i nomi: nella sezione Giornalismo Politico il riconoscimento è andato a Massimo Franco, editorialista del Corriere della Sera, e a consegnargli la targa è il direttore dell’Ansa, Luigi Contu. Giornalismo d’inchiesta: Nello Scavo, inviato speciale di Avvenire, esperto di cronache giudiziarie e corrispondente di guerra. Giornalismo giudiziario: Giovanni Bianconi. Giornalismo radiotelevisivo: Stefania Battistini, inviata speciale del Tg1, protagonista di scoop dai teatri guerra e autrice di saggi di geopolitica, che ha ritirato il premio insieme al cameraman Simone Traini, con il quale ha realizzato lo scoop in Ucraina che è costato a entrambi un mandato di cattura spiccato dalle autorità russe.
I VIDEO
Intanto sono stati proiettati i brevi video di ricordo di Bruno Vespa, Enrico Vanzina, Antonio Padellaro, Silvana Mazzocchi, Maurizio Caprara, Barbara Palombelli («Comprava di tutto. E quando gli dicevamo: ma come fai? Lui: profondo rosso!», quello del conto corrente), Stefano Folli e altri. Ma riecco la consegna dei premi. Nella sezione Comunicatore dell’anno: a Giovanni Grasso, consigliere del presidente Mattarella («Io sono un ghost, un’ombra», dice lui). Giornalisti under 30: Cecilia Sala. È molto famosa soprattutto per i suoi podcast. Dice che «la voce crea un rapporto d’intimità tra il giornalista e chi cerca informazione che altri mezzi non riescono a raggiungere così bene». Forse ha ragione. Di sicuro Paolo, che ha scritto tanti articoli e libri importanti (si veda la raccolta delle sue ultime interviste: Le cose che restano), darebbe ragione a Cecilia. Ma questo è ovvio: perché Graldi aveva una voce da crooner che non smette di rimanere nelle orecchie.
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