Roma, operaio contaminato da plutonio nel Centro Sogin di Casaccia. «Materiale molto radioattivo, ma quantità minime»

Trovato con una quantità di contaminazione superiore ai limiti annuali imposti dalla normativa vigente e per questo visitato già nel centro medico interno allo stabilimento. Poi, una volta arrivati gli esiti degli esami a feci e urine che hanno accertato la positività al plutonio, è stato attivato il protocollo con il centro regionale di riferimento in materia di contaminazioni radioattive, ovvero con il policlinico Agostino Gemelli di Roma. Ma il dipendente della Sogin, che dal 2003 gestisce il centro Ricerche Casaccia in provincia di Roma di proprietà dell’Enea ma completamente estranea all’evento, è tornato già a lavoro. Dovrà sottoporsi periodicamente ai controlli del caso ma non può contaminare nessuno. Né colleghi né familiari né personale medico. E le sue condizioni non hanno mai richiesto il trasferimento e il ricovero in ospedale.

Nessun incidente nucleare come pure la prima ispezione dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare ha appurato e nessuna minaccia terroristica per quanto accaduto nello stabilimento non distante dal lago di Bracciano. Dalle prime verifiche sembrerebbe che alla base dell’incidente ci sia stato un errore nell’operazione di svestimento.

Il ministro dell’Ambiente ha chiesto ieri a Sogin, secondo quanto si apprende, una relazione ufficiale mentre è atteso un secondo sopralluogo di verifica da parte dell’Ispettorato nazionale che si compirà a giorni. Momentaneamente l’impianto Plutonio è stato bloccato anche se il centro dal 21 novembre scorso, giorno della rilevazione, è rimasto aperto per consentire le altre attività operative e tecniche.

LA DINAMICA

Ieri sera è stata la stessa Sogin a chiarire quanto accaduto: «Nel corso di attività di gestione di rifiuti radioattivi all’interno dell’impianto Plutonio, che si trova nel centro Enea di Casaccia, è stato riscontrato un evento di “contaminazione interna” di un dipendente con potenziale superamento dei limiti di dose annuale prescritti dalla normativa». «Sono state immediatamente attivate le procedure previste dalla legge finalizzate a tutelare la salute dei lavoratori, così come avviene ordinariamente. I monitoraggi effettuati e conclusi oggi pomeriggio (ieri ndr) registrano valori confortanti. Sogin esclude categoricamente che vi sia stata qualsiasi contaminazione dell’ambiente esterno». L’Isin, da parte sua, nell’immediatezza della contaminazione, «ha effettuato una prima ispezione nell’impianto e ha raccolto a verbale le dichiarazioni dei responsabili sulla dinamica di quanto accaduto. Resta l’esigenza di accertare quanto accaduto – puntualizza l’Ispettorato – e come si è potuta verificare la contaminazione di un componente del personale, che dovrebbe operare in piena sicurezza grazie ai dispositivi di protezione previsti dalle normative in materia. Compito dell’Isin è anche accertare, ove vi fossero state, falle nelle procedure di sicurezza o nella loro attuazione e raccogliere elementi per individuare eventuali responsabilità». Chiarezza sulla dinamica è invocata anche dal Parlamento e dai sindacati confedereali.

LA STORIA

I primi laboratori del centro di Casaccia, sorto intorno a una fattoria, nacquero nel lontano 1959 costituendo il nucleo originario di quella che «è oggi una delle principali sedi di ricerca interdisciplinare in ambito nazionale», come si legge sul sito internet. In sostanza un centro multidisciplinare di ricerca, sviluppo e trasferimento di tecnologie innovative, nato per supportare il programma italiano di ricerca e sviluppo nel settore dell’utilizzazione pacifica dell’energia nucleare. Nell’impianto Plutonio, come diffuso dall’Ansa, sono rimasti solo alcuni grammi dell’elemento chimico dal momento che la componente più elevata è stata trasferita già da anni negli Stati Uniti.

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