Russia, nuovo fronte in Siria. Gli effetti sul conflitto in Ucraina: dalla trattativa (più facile) all’attacco finale a Kiev

A sorpresa, la ripresa della guerra civile in Siria apre nuovi scenari di negoziato in Ucraina. La Russia di Putin è costretta a investire armi e uomini nel tentativo di salvare il regime di Bashar al-Assad dai ribelli filo-turchi, ed è forse la “distrazione” che favorirà la scelta dello Zar di metter fine al conflitto sul fronte ucraino e sedere al tavolo delle trattative con Zelensky. Un invito formale a entrare nella Nato è quello che chiede per lettera il ministro degli Esteri ucraino, Andrii Sybiha, alla vigilia di un vertice dell’Alleanza che si terrà la prossima settimana a Bruxelles. Un primo passo verso la realizzazione di quel “Piano di vittoria” che il presidente Zelensky ha annunciato settimane fa, ma che dopo il trionfo di Trump si sta trasformando in una base di concessioni per il negoziato. Una piattaforma incredibilmente somigliante al piano proposto lo scorso aprile dall’inviato per l’Ucraina di Trump, il generale a tre stelle Keith Kellogg, l’80enne veterano del Vietnam già consigliere per la Sicurezza dell’ex vicepresidente Usa, Mike Pence. Se Putin per primo ha ribadito la propria disponibilità a negoziare, ma a partire dalle conquiste russe, Zelensky ha dato a Sky News l’intervista che potrebbe marcare la svolta dopo 33 mesi di guerra: congelamento del fronte, con l’avvio del negoziato e l’ombrello di sicurezza della Nato sui territori ancora sotto controllo di Kiev, e gli altri che potranno essere “riconquistati” per via diplomatica.

I SONDAGGI

Una novità che si sposa coi dati degli ultimi sondaggi tra gli ucraini, sempre più stanchi della guerra e pronti se non alla resa, a cercare una soluzione diplomatica. Lo scenario futuribile vede la revisione dei confini, anche se non ancora il riconoscimento delle annessioni russe della Crimea e delle quattro regioni contese: Donetsk e Luhansk, ossia il Donbass, Kherson ieri nuovamente sotto attacco russo con due morti a una fermata del bus, e Zaporizhzhia la cui centrale nucleare occupata dalle truppe di Mosca rischia nuovamente il blackout per l’intensità degli scambi d’artiglieria. Il vero interrogativo è se Putin, non solo Zelensky, sia realmente interessato alle trattative. Oppure sia convinto di poter fare capitolare Kiev con il tempo e la pressione di una economia bellica in grado di produrre armi e munizioni in una Federazione sconfinata che può mandare a morire al fronte ancora migliaia e migliaia di soldati provenienti dalle periferie dell’Impero. Secondo stime ucraine, sarebbero 740mila i russi caduti dall’inizio del conflitto. Tra le condizioni che porrebbe Putin c’è una percentuale di esportazioni di gas russo agli ucraini dopo la guerra. È dubbio che lo Zar possa accettare l’ingresso non solo dell’Ucraina, ma anche di una sua parte, nella Nato. Al summit di Washington in luglio, i 32 membri dell’Alleanza avevano definito “irreversibile” il cammino di Kiev verso l’adesione. In realtà, Zelensky sa benissimo che con la guerra in corso e i confini incerti l’Ucraina non potrà mai ambire a essere il 33° Paese della Nato. Quello su cui si lavora è la possibilità di inviare nella zona cuscinetto che si creerà, dopo il cessate il fuoco e nelle more dei negoziati, un contingente che non comprenderà, presumibilmente, soldati americani. I “boots”, gli stivali sul terreno di questi ultimi sono espressamente esclusi da Trump, per il quale è l’Europa a doversi assumere le responsabilità delle guerre europee.

LE TRUPPE

Probabile, allora, che l’Ucraina chiederà truppe inglesi e francesi, di Paesi dotati dell’arma atomica e quindi militarmente credibili. E poi non è escluso che siano chiamati anche gli altri, tra cui gli italiani che sono tra i più esperti nelle missioni di interposizione. Ma Putin lo accetterà? Per Costituzione, dice Zelensky, l’Ucraina non può riconoscere come russa una parte del proprio territorio. Di fatto, però, il congelamento del fronte lascerebbe a Putin un quinto del Paese. Anche il leader russo, del resto, avrebbe buone ragioni per metter fine alle ostilità: otterrebbe un primo ammorbidimento delle sanzioni occidentali. Si assicurerebbe le conquiste, anzi potrebbe rivendicarne di più per includere le quattro regioni illegalmente annesse. E avrebbe le mani libere per impegnare le capacità militari russe su fronti come quello che si è appena aperto in Siria, per il quale Mosca ha detto di voler rafforzare i dispositivi militari pur di riconquistare Aleppo e arginare l’avanzata dei ribelli jihadisti sostenuti dalla Turchia. Che cosa succederà sul terreno prima di gennaio, quando Trump andrà alla Casa Bianca? Si intensificherà la guerra. L’America di Biden continuerà a fornire aiuti militari perché l’esercito ucraino possa difendersi. E la Russia a sferrare attacchi. Intanto, la Ue si prepara al peggio. Il primo ministro polacco, Donald Tusk, è andato al confine con l’enclave russa di Kaliningrad, a supervisionare le fortificazioni che definisce “un investimento nella pace”.

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