Roma Capitale, si accelera: in Cdm prima dell?estate. Da sciogliere il nodo dei fondi nazionali e la loro ripartizione

Una città con i poteri di una Regione. In grado di tenere testa alle altre grandi capitali europee. Il governo è pronto a battezzare la riforma costituzionale per i poteri speciali di Roma Capitale. Un disegno di legge atterrerà sul tavolo del Consiglio dei ministri nelle prossime settimane, prima dell’estate. Eppur si muove. Dopo anni di promesse disattese e grandi dibattiti rimasti sulla carta, la riforma per dare a Roma un’autonomia speciale inizia a muoversi i primi passi, su precisa indicazione di Giorgia Meloni. Ieri pomeriggio la premier ha convocato una riunione a Palazzo Chigi. Presenti il leader di Forza Italia e vicepremier Antonio Tajani, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, Roberto Calderoli, ministro alle Autonomie. Un vertice per dare il via libera politico ufficiale alla riforma di Roma. Pronta ad aggiungersi alla lunga lista di progetti della destra al governo per ritoccare la Carta. Premierato, autonomia differenziata, separazione delle carriere.

LO SPRINT

Era nel programma delle politiche di due anni fa, Meloni ha imposto ora lo sprint. Della stesura del testo si occuperà il ministero di Elisabetta Casellati. Ma si partirà da una proposta di legge già depositata in Parlamento a prima firma di Paolo Barelli, capogruppo di Forza Italia alla Camera. Sarà una rivoluzione? A sfogliare il testo da cui vuole partire la premier, decisa ad accendere un semaforo verde dopo le Europee, sembrerebbe di sì. Roma Capitale con i poteri di una Regione a sé. Questo prevede il Ddl di Barelli che ora sarà limato dai tecnici di Palazzo Chigi. Attribuendo alla Città Eterna competenze e poteri che scavalcano perfino quelle di una Regione ordinaria, come il Lazio. Fatta eccezione per la Sanità, che rimarrà nelle mani della Pisana, tutte le materie previste dal terzo e quarto comma dell’articolo 117 della Costituzione saranno affidate al Campidoglio.

La lista è chilometrica. Tra le deleghe concorrenti con lo Stato, la previdenza e i beni culturali, l’istruzione e lo sport, i trasporti e la distribuzione dell’energia. L’obiettivo, scrivono nella premessa alla proposta di legge ora alla Camera Barelli e il meloniano Luca Sbardella, è «il riconoscimento di forme e condizioni particolari di autonomia normativa, amministrativa e finanziaria da attribuire con legge a Roma Capitale». Nel testo però c’è un altro significativo passaggio che Meloni farà includere nella riforma costituzionale. Cioè la previsione, nelle materie citate, di una «potestà legislativa e regolamentare» autonoma rispetto alla Regione Lazio. In altre parole, l’Assemblea Capitolina potrà legiferare anche in deroga alle norme partorite dal Consiglio regionale. Restano diversi nodi da sciogliere, certo. Su tutti, la ripartizione dei fondi regionali e non è un caso che alla riunione a Chigi ieri fosse presente Giorgetti.

Spinosa è la questione del fondo nazionale trasporti, la cassaforte da cui Regione e Comune cercano risorse, ad esempio, per scongiurare l’aumento del biglietto di corsa semplice di bus e metro da un euro e mezzo a due. Tecnicismi da affrontare in un secondo momento. Intanto Meloni dà un via libera politico ufficiale. In Parlamento era già partito lo scorso 16 maggio l’iter delle proposte di legge sui poteri speciali per Roma. Trasversali, come lo è del resto una battaglia che va avanti da decenni e si spegne sempre nell’annuncite del governo di turno. C’è anche la firma del Pd che ha presentato una sua proposta a firma di Roberto Morassut, veterano romano del partito, e ovviamente segue da vicino la trattativa del governo con il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, che di recente ha convocato una riunione sul tema al Campidoglio.

Sarà la volta buona? Presto per dirlo, ma intanto la macchina si è messa in moto. E così anche la politica. Da un lato Forza Italia determinata a metterci la firma, letteralmente. Dall’altro la premier e presidente di Fratelli d’Italia che su Roma e la romanità ha costruito la sua ascesa politica, dalla Garbatella a Palazzo Chigi, e dunque non intende cedere agli alleati la bandiera della Capitale. In mezzo la Lega, ben più fredda all’idea di una “super-città” con i poteri amministrativi del Veneto o della Lombardia. È un gioco di equilibri, pesi e contrappesi. Dopotutto, con il placet della premier, la tanto agognata riforma dell’autonomia differenziata è vicina al primo sì alla Camera. I tempi politici son

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