Emanuela Orlandi, nuova ipotesi dell’ex pm Capaldo: «Sparita dentro Sant’Apollinare»

C’è una nuova pista nel caso Emanuela Orlandi. Ad aprirla, l’ex pm Giancarlo Capaldo, sentito oggi dalla Commissione bicamerale di inchiesta sulle scomparse della 15enne e di Mirella Gregori, l’altra ragazza sparita sempre nel 1983 a Roma.

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La nuova ipotesi

«Sul prelevamento di Emanuela Orlandi, un’ipotesi che si potrebbe non escludere è che sia sparita proprio nel complesso di Sant’Apollinare, una ipotesi quasi mai formulata e che invece andava un po’ di più approfondita proprio per la presenza di De Pedis e don Pietro Vergari».

Lo ha detto l’ex pm Giancarlo Capaldo, audito dalla Commissione bicamerale di inchiesta sulle scomparse di Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi, rilevando, tra l’altro, che l’esatto momento della scomparsa di Emanuela rimane ad oggi del tutto non ricostruito. «Il prelevamento della Orlandi – ha spiegato Capaldo – poteva essere fatto per strada ma sarebbe stato pericoloso, poteva invece essere fatto in Sant’Apollinare con una scusa qualsiasi. Il momento della scomparsa della Orlandi nessuno c’è l’ha dato, anche le dichiarazioni delle ragazze amiche non sono sicure, come sarebbe stata rapita? Violentemente? O se Renatino De Pedis era amico di don Vergari non poteva creare una situazione per cui determinare la sparizione dall’interno?». Questa ipotesi sarebbe da calare nel contesto di un rapimento messo in atto da De Pedis come raccontato da Sabina Minardi e come emerso da alcuni riscontri, come quello del ruolo del presunto autista Sergio Virtù, «quando dichiara all’amante che da giovane aveva fatto cose per soldi». «Credo che la Minardi – ha aggiunto Capaldo – sia stata trattata male come testimone».

Il caso della tomba di De Pedis

«Non c’è stata una trattativa, c’è stata una richiesta di collaborazione formulata da loro a cui io ho risposto positivamente chiedendo a mia volta una collaborazione fattiva, non era un’idea del capo della Gendarmeria, era un’idea della segreteria di Stato che voleva l’eliminazione di Renatino De Pedis dalla tomba. Io ho detto che questo risultato», quello cioè della traslazione delle spoglie di De Pedis dalla basilica di Sant’Apollinare, «non aveva senso se non in una collaborazione complessiva anche perché il Vaticano non aveva risposto alle rogatorie precedenti. La richiesta era loro e noi eravamo disposti come procura di Roma se loro fossero stati disposti a collaborare in modo da procedere tutti quanti per capire» quale fosse stato il destino della Orlandi. «Aprire la tomba solo per aprirla e trasferirla – ha aggiunto Capaldo – non era un’operazione giudiziaria da Procura della Repubblica, era solo un piacere che veniva richiesto». Capaldo ha anche specificato che da quanto aveva inteso, il capo della Gendarmeria di allora, Domenico Giani e il suo vice Costanzo Alessandrini, erano stati inviati da «padre Georg» Ganswein, allora segretario di Benedetto XVI, e «dalla Segreteria di Stato, non di loro iniziativa».

Il rapporto con Accetti

«Io riterrei non impossibile anzi estremamente probabile che Accetti abbia conosciuto Emanuela Orlandi perché gravitava su piazza Navona e piazza delle Cinque Lune che era la zona in cui gravitava lo stesso Accetti» e «Accetti fermava tutte le ragazze», ha aggiunto poi Giancarlo Capaldo. Accetti «dal mio punto vi dista probabilmente ha depistato perché io ritengo che con probabilità l«Americano’ si possa identificare in Accetti», ha detto Capaldo ricordando di averlo incontrato quando «nel marzo 2013 venne da me». «Le prime dichiarazioni di Accetti furono che era stato in Francia dove aveva incontrato Emanuela Orlandi in vita – ha raccontato Capaldo – questo incontro sarebbe avvenuto nel febbraio precedente». Accetti disse che il motivo per cui si era deciso a raccontare la vicenda è «sia perché aveva incontrato Emanuela viva sia perché, con il cambio del Papa – era stato eletto Papa Francesco – poteva pensare a un cambio, a un’apertura della curia romana e voleva inserirsi con le sue verità in questa vicenda».

Poca collaborazione con il Vaticano

Dopo la decisione presa dall’allora nuovo procuratore di Roma Giuseppe Pignatone di aprire la tomba di Enrico De Pedis vi fu «la pietra tombale» sulla possibile collaborazione con il Vaticano. Capaldo è tornato a raccontare il suo incontro con l’ex capo della Gendermeria vaticana e il suo vice, la richiesta di aprire la tomba di De Pedis e la possibile collaborazione sul caso Orlandi rimasta poi senza seguito. «Dieci-quindici giorni dopo l’incontro con Giani (ex capo della Gendarmeria vaticana ndr) ha preso servizio il nuovo procuratore e uscì sui giornali un articolo che nasceva da quanto alcuni giornalisti mi avevano chiesto sull’apertura della tomba» di De Pedis, ha raccontato Capaldo: «Io spiegai che la procura, al di là di una collaborazione complessiva con il Vaticano, non riteneva prioritario aprire la tomba in coerenza con quella che era stata la mia posizione nell’incontro con Giani». Fu quindi sparata la notizia che «la procura di Roma non apriva la tomba e veniva considerata una specie di scandalo». «Questo articolo determinò da parte di Pignatone (che era divenuto procuratore della Repubblica di Roma ndr) una dichiarazione stampa e un comunicato» per informare della decisione di «aprire la tomba di De Pedis. Questo provvedimento fu adottato da Pignatone senza ascoltare o chiedere parere né a me né a Maisto (Simona, la collega pm che si occupava del caso ndr), senza che sostanzialmente conoscesse il processo». «Io e Maisto rimanemmo molto sorpresi della decisione anche perché eravamo entrambi in attesa di quanto avremmo saputo dal Vaticano», ha continuato Capaldo facendo riferimento all’esito dell’incontro con l’ex capo della Gendarmeria vaticana ma di fatto «dopo questa presa di posizione, per cui fu disposta l’apertura della tomba, vi fu una pietra tombale sulla collaborazione perché il Vaticano aveva ottenuto ciò che voleva ossia l’apertura della tomba» di De Pedis. «Così spiegammo il motivo per cui il Vaticano non ha dato più seguito all’impegno che aveva preso» di collaborazione, ha concluso Capaldo.

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