Autonomia differenziata, via libera del Consiglio dei ministri. Meloni: “Italia più forte”. Il Pd in trincea

Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera preliminare al disegno di legge quadro sull’autonomia differenziata. Il testo, preparato dal ministro per gli Affari regionali e autonomia Roberto Calderoli, delinea la cornice entro la quale le singole Regioni potrebbero in futuro chiedere il trasferimento di maggiori competenze allo Stato, in base all’articolo 116 della Costituzione. Dopo l’approvazione in Cdm, il ddl sarà sottoposto al parere della Conferenza Stato-Regioni, per tornare sul tavolo dell’esecutivo per l’approvazione definitiva, e poi passare all’esame delle Camere. Ecco, in sintesi, il percorso che individua il disegno di legge, ultima variazione del progetto autonomista che la Lega avviò – senza mai riuscire a realizzare – su input di Roberto Maroni e Luca Zaia a partire almeno dal 2015, rafforzato dai referendum lombardo e veneto del novembre 2017.

I LEP NUCLEO INVALICABILE

La legge quadro – dieci articoli sotto l’intestazione ‘Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinariò – si propone di «semplificare le procedure, accelerare e sburocratizzare» i procedimenti, per una distribuzione delle competenze alle Regioni che meglio si conformi ai principi di «sussidiarietà e differenziazione». L’attribuzione di funzioni da parte dello Stato alle Regioni è «subordinata alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep), che garantiscano i diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale». «Tali livelli – si legge – indicano la soglia costituzionalmente necessaria e costituiscono il nucleo invalicabile per rendere effettivi tali diritti e per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale, per assicurare uno svolgimento leale e trasparente dei rapporti finanziari fra lo Stato e le autonomie territoriali, per favorire un’equa ed efficiente allocazione delle risorse e il pieno superamento dei divari territoriali nel godimento delle prestazioni inerenti ai diritti civili e sociali».

LA CABINA DI REGIA E I LEP PER DPCM

La legge di bilancio ha istituito a Palazzo Chigi una cabina di regia, che, entro la fine del 2023, deve individuare i livelli essenziali delle prestazioni. «I Lep, concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale e i relativi costi e fabbisogni standard, sono determinati con uno o più decreti del presidente del Consiglio», si spiega nella bozza del testo Calderoli, secondo cui, dopo l’acquisizione dell’intesa della Conferenza unificata e «comunque decorso il relativo termine di trenta giorni, lo schema di decreto è trasmesso alle Camere per l’espressione del parere». «Il parere – si legge – è reso entro 45 giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto. Il presidente del Consiglio dei ministri, valutato il contenuto dell’intesa della Conferenza unificata e del parere delle Camere o, comunque, una volta decorso il termine di quarantacinque giorni per l’espressione del parere di queste ultime, adotta il decreto, previa deliberazione del Consiglio dei ministri».

LE INTESE CON LE REGIONI

Le risorse umane, strumentali e finanziarie per l’esercizio delle funzioni da parte delle Regioni sono determinate da una commissione paritetica Stato-Regione. Il finanziamento avviene attraverso compartecipazioni al gettito di uno o più tributi o entrate erariali regionali. La trattativa tra lo Stato e le Regioni per la chiusura delle intese dura almeno cinque mesi. Mef e ministri competenti hanno 30 giorni per valutare la richiesta della Regione, dopo che è stata trasmessa al presidente del Consiglio e al ministro per gli Affari regionali. Poi si apre un negoziato con la Regione per l’intesa preliminare, approvata poi dal Cdm e trasmessa alla Conferenza unificata che, a sua volta, ha 30 giorni per il parere. Quindi va alle Camere: hanno 60 giorni per l’esame nelle commissioni o, secondo le modifiche in valutazione, per un atto di indirizzo votato in Aula. Successivamente il premier (o il ministro per gli Affari regionali) predispone l’intesa definitiva (con eventuale ulteriore negoziato). La Regione la approva, ed entro 30 giorni è prevista la delibera in Cdm. Il disegno di legge è trasmesso alle Camere che votano a maggioranza assoluta. Le intese hanno durata massima di dieci anni. Stato o Regione possono chiederne la cessazione, deliberata con legge a maggioranza assoluta dalle Camere. Alla scadenza, l’intesa si intende rinnovata per la sua durata, salvo che Stato o Regione manifestino volontà diversa un anno (6 mesi prevedeva inizialmente la bozza) prima del termine. Il governo dispone verifiche sulle attività e sul raggiungimento dei Lep. La commissione paritetica svolge annuali valutazioni sulla compatibilità e gli oneri finanziari. La legge Calderoli, infine, prevede misure perequative e di promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale: anche nelle Regioni che non concludono intese, lo Stato promuove l’esercizio effettivo dei diritti civili e sociali, anche con interventi speciali. Dalla legge non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Meloni: “Italia più forte e più coesa”

«Con il disegno di legge quadro sull’autonomia puntiamo a costruire un’Italia più unita, più forte e più coesa». Lo dichiara la premier Giorgia Meloni. «La fissazione dei Livelli essenziali delle prestazioni, in questi anni mai determinati, è una garanzia di coesione e unità. Un provvedimento che declina il principio di sussidiarietà e dà alle Regioni che lo chiederanno una duplice opportunità: gestire direttamente materie e risorse e dare ai cittadini servizi più efficienti e meno costosi». Lo dichiara la premier Giorgia Meloni dopo l’approvazione del ddl sull’Autonomia differenziata in Cdm.

Governatori del Pd in trincea: “Pronti a mobilitarci”

Saranno loro a dover «negoziare» i poteri con lo Stato, più o meno tra un anno secondo il timing ipotizzato dal ministro Roberto Calderoli, ma il progetto di Autonomia divide i governatori: protestano quelli del Pd, pronti a mobilitarsi; «è una giornata storica» per quelli della Lega. A mezzogiorno, ore prima del via libera del disegno al legge sull’Autonomia in Consiglio dei ministri, Stefano Bonaccini è ancora fiducioso che alla fine non se ne farà nulla, «c’è freddezza nel governo» e «Fratelli d’Italia è centralista», ma è pronto al muro contro muro: «se vogliono andare avanti faremo una mobilitazione con tanta gente nel Paese». Il presidente dell’Emilia Romagna e candidato alla guida del Pd era tra i primi sostenitori del progetto di autonomia differenziata, ma “la bozza Calderoli è sbagliata», nel merito perché non vanno toccate «materie divisive» come la sanità e la scuola, e nel metodo: «non pensi il ministro di applicare un’autonomia non discussa in Conferenza delle regioni», dice. E in serata rincara la dose e giudica «irricevibile» la bozza di Calderoli, anche perchè «non è stata condivisa con la Conferenza delle Regioni, cosa clamorosa e incredibile». Il suo collega pugliese Michele Emiliano legge nel sì del Consiglio dei ministri ora un assist elettorale alla Lega: «Ci indigna profondamente questa cosa di voler fare l’autonomia differenziata prima delle elezioni in Lombardia». Stessa accusa rivolta alla premier dal presidente del M5s, Giuseppe Conte: «La patriota Meloni paga il dazio a Salvini per tenerlo in maggioranza. Svende l’Unità d’Italia per qualche voto in più».

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