Putin, quando ci sarà il processo? Marco Pedrazzi: «Solo quando lo Zar verrà rovesciato»

«Il mandato d’arresto per Vladimir Putin è una mossa senza precedenti», dice Marco Pedrazzi, professore di Diritto internazionale all’Università degli Studi di Milano. «È la prima volta che viene emesso un mandato da parte di un Tribunale penale internazionale nei confronti non solo di un presidente in carica, ma di una figura prominente come Putin. E colpisce pure la decisione di rendere pubblica la notizia». 

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Le vengono in mente casi che si avvicinino?

«Il presidente del Sudan, Al Bashir, quando era presidente. Quella di oggi non è la prima volta di un mandato nei confronti di un capo di Stato in carica, ma le due personalità non sono paragonabili quanto a importanza. In concreto, se Putin dovesse recarsi in una nazione che faccia parte dello Statuto della Corte, questa sarebbe obbligata a consegnare Vladimir Putin alla Corte. Ad arrestarlo e a consegnarlo».

Ma tanti stati non ne riconoscono la giurisdizione. Che effetti può avere questo?

«Nel loro territorio, Putin si può recare più o meno tranquillamente. Anche uno stato terzo potrebbe decidere di consegnarlo alla Corte, ma in quel caso violerebbe altre norme, in particolare il rispetto dell’immunità di un capo di Stato. E politicamente molti Stati non sarebbero disposti ad arrestare il presidente russo»

Per Mosca questa decisione non ha significato. È così?

«È un’affermazione politica. Dal punto di vista giuridico, la Russia non è vincolata dallo statuto della Corte, quindi non ne riconosce l’autorità, ma è pur sempre un membro del Consiglio di sicurezza dell’Onu che ha un ruolo verso la Corte stessa, già esercitato in passato chiedendo di intervenire in situazioni in cui altrimenti non sarebbe potuta intervenire, come è avvenuto nei casi del Sudan e della Libia».

L’Ucraina con la sua procura ha collaborato pur non facendo parte della corte. È un corto circuito?

«No. L’Ucraina ha accettato la giurisdizione della Corte attraverso due dichiarazioni successive di accettazione dopo i fatti del 2013, quindi la Corte è competente a giudicare i crimini che si stanno compiendo in Ucraina, da qualunque delle due parti».

Perché la Corte si è concentrata sulla deportazione dei bambini e non su altri crimini?

«Evidentemente, ha raccolto elementi di prova che ritiene sufficienti per procedere in questo momento».

Quali sono i prossimi passi?

«Il processo non può iniziare davanti alla Corte finché l’indagato non venga arrestato e consegnato alla Corte, cosa che in questo momento è poco probabile. Putin potrebbe finire veramente sotto processo davanti alla Corte solo se il suo governo venisse rovesciato e il governo successivo decidesse di consegnarlo, o qualora compisse passi falsi facendosi arrestare in qualche paese che potrebbe procedere all’arresto. Ma si tratta di scenari poco probabili».

Ci sono crimini specifici per la deportazione dei bambini?

«Il crimine è quello della deportazione di civili, la deportazione di minori è un’aggravante del crimine di deportazione».

Il fatto che i russi riconoscano di aver trasferito oltre 700mila bambini ucraini per sottrarli alla guerra è uno scenario criminale?

«Assolutamente sì. La deportazione di civili è un grave crimine di guerra».

Si può parlare di genocidio?

«Di per sé la deportazione non lo è, ma se viene attuata in modo da mettere a rischio la sopravvivenza o se il trasferimento ha la finalità di portare all’estinzione un gruppo etnico, potrebbe configurarsi un genocidio. Non mi sembra che vi siano al momento elementi sufficienti, la questione andrebbe approfondita indagando sui fatti e sulle motivazioni».

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