Anche la Germania ha il suo taglio dei parlamentari: approvata la legge che riduce a 630 il numero degli eletti

Il governo tedesco è riuscito ad imporre in Parlamento con votazione nominale la riforma del sistema elettorale che fissa a 630 il numero dei deputati dalle prossime elezioni. Il fattoquotidiano.it ha già anticipato il 14 marzo i meccanismi della legge, passata con 400 voti favorevoli, 261 contrari e 23 astensioni. Ci saranno sempre due schede e 299 sezioni elettorali, ma decadranno sia i mandati aggiuntivi (Überhangsmandate) che garantiscono il seggio a tutti i candidati all’uninominale anche se più degli eleggibili per il voto di lista; così come anche quelli di pareggio (Ausgleichsmandate) previsti per garantire la proporzionalità tre le forze politiche. Un sistema che ha portato alla crescita a dismisura del Bundestag tedesco che oggi annovera 736 deputati contro i 705 di tutto il Parlamento Europeo, 513 del Brasile e 435 della Camera dei rappresentanti negli Usa. Sarà anche cancellata la clausola del mandato di base (Grundmandatsklausel), per cui un partito che non supera la soglia del 5% se ottiene almeno tre mandati uninominali può entrare comunque al Bundestag proporzionalmente ai voti di lista. Resta tuttavia l’eccezione per i partiti che rappresentano delle minoranze etniche come la Südschleswigsche Wählerverband (SSW).

Il clima del dibattito è stato estremamente acceso: tutti i deputati hanno subito interruzioni e sono stati costretti ad alzare la voce. Le opposizioni hanno duramente attaccato il governo. Soprattutto Linke e CSU che rischiano di essere fortemente penalizzate in futuro. Per il capogruppo della CSU Alexander Dobrindt la riforma è diretta contro di loro e cementa le aspirazioni di potere della coalizione semaforo, con il plauso della AfD. È un “atto di mancanza di rispetto” che “pone in dubbio il diritto di esistenza” del suo partito e vuole “espungerlo dal Parlamento”. La legge è “falsa, errata e incostituzionale”. Per il suo intervento Dobrindt ha ricevuto forti applausi anche dai banchi della sinistra. Per il capogruppo uscente della Linke, Jan Korte, “è il più grosso attentato” alla democrazia da decenni. Paragonando i partiti di governo a Donald Trump li ha avvertiti: “Lasciate l’est alla AfD”. La CSU si presenta solo in Baviera ed alle ultime elezioni, trasferendo i dati regionali su base nazionale, ha raccolto il 5,2%; mentre la Linke è adesso presente al Bundestag solo come gruppo parlamentare e non come partito perché ha vinto solo mandati uninominali ma si era fermata al 4,9%.

In un primo dibattito, il 27 gennaio, la CDU aveva proposto che per superare lo sbarramento del 5% ci dovessero volere 5 mandati uninominali anziché solo 3, la SPD si era detta contraria, e con Sebastian Hartmann aveva paradossalmente replicato: “Non si può catapultare la Linke così semplicemente fuori dal Parlamento”. Oggi lo stesso Hartmann ha difeso la riforma come “da lungo necessaria” per un “sistema elettorale semplice e comprensibile”, e ha sottolineato che è nata consultando le opposizioni fin da gennaio. Il capogruppo della CDU Friedrich Merz ha provato a fare rimandare il voto di due settimane per introdurre le modifiche proposte dal suo partito che miravano ad accorpare e ridurre le circoscrizioni elettorali a 270, con l’effetto di diminuire i mandati aggiuntivi e di pareggio, ma senza però eliminarli del tutto, incassando però il rifiuto del suo omologo della SPD Rolf Mützenich.

Tutti i partiti sanno che un Parlamento troppo ampio oltre che costare di più è anche meno efficiente, ma in entrambe le passate legislature non avevano trovato un compromesso. Contro il sistema elettorale finora in vigore pendeva già a Karlsruhe un ricorso di FDP, Verdi e Linke. Il Bundesrat può ancora dibattere la legge, ma non può bloccarne la pubblicazione in Gazzetta. CDU CSU e Linke vogliono quindi ricorrere alla Corte costituzionale. Una causa di controllo normativo può scaturire anche dalla richiesta di un quarto dei parlamentari. Altrimenti potrà re-intervenire solo un nuovo governo.

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