Sanità, le “pagelle” di Calabria e Sicilia: negative le valutazioni delle performance

Focus sulle aziende sanitarie nazionali. Un approfondimento che, come emerge nell’inchiesta del Corriere della Sera che ha preso spunto dai dati forniti da Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali del Ministero della Salute), mette a nudo le difficoltà della Sanità al Meridione.

Gli indicatori per la valutazione delle performance sanitarie

Un’azienda funziona bene quando rispetta alcuni requisiti. Ad esempio: il tempo di permanenza in pronto soccorso di un paziente (non devono andar via perché non hanno ricevuto assistenza); tempistiche degli interventi chirurgiche non vadano oltre quanto stabilito dalla legge; che non ci siano tassi elevati di ricoveri ad alto rischio di inappropriatezza; conti e i bilanci delle aziende in ordine; adeguato numero di medici e infermieri per posto letto; macchinari e apparecchiature non obsolete.

Le “pagelle” tra alti, medi e bassi

Un alto livello di performance si registra esclusivamente al Nord (ospedali di Cuneo, Torino, Padova, Bologna, ecc. ecc.), così come un livello medio, tranne rare eccezioni come il Pugliese Ciacco di Catanzaro, il Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria, Ospedali Riuniti di Foggia, San Carlo di Potenza, Cardarelli di Napoli, Dei Colli di Napoli, Federico II di Napoli, Moscati di Avellino, Garibaldi di Catania, Policlinico di Catania, Papardo di Messina, Gaetano Martino di Messina, Giaccone di Palermo. Il livello più basso di performance è stato attribuito all’azienda sanitaria di Cosenza, Mater Domini di Catanzaro, Cannizzaro di Catania, Riuniti di Palermo, Benfratelli di Palermo, Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta, San Pio di Benevento e San Giovanni di Dio di Salerno.

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