Bambini ossessionati da skincare e beauty, scatta l’allarme cosmeticoressia: “Pensieri ripetitivi, persistenti e angoscianti. Rischia di sfociare in dismorfismo e disturbi alimentari”

Un segnale significativo e preoccupante è arrivato da un hashtag diventato virale negli ultimi mesi, #SephoraKids. Rimanda a ragazzine preadolescenti, ma anche bambine, protagoniste di turorial skincare in cui mostrano pratiche per esfoliare la pelle, applicano sieri e creme antiage. Sono state soprannominate “Sephora Kids” perché si aggirano nei negozi di bellezza del marchio omonimo, chiedendo consigli e maneggiando i tester. La diffusione sui social, in particolare Tik Tok, ha contribuito a diffondere questa tendenza. Come il caso delle figlie di Kim e Kourtney Kardashian di 10 e 11 anni che condividono video della loro routine di cura della pelle. Con la diffusione delle beauty routine delle mini influencer, TikTok ha fatto sì che molte coetanee sentissero la necessità di far parte dello stesso gruppo di ragazzine, spingendole così a recarsi nei negozi di prodotti di bellezza per emulazione. Con conseguenze in alcuni casi che sfociano in un forte e grave disagio psicologico.

Che cos’è la cosmeticoressia
Siamo di fronte a un fenomeno definito cosmeticoressia, in altre parole, “la preoccupazione eccessiva per l’aspetto estetico associata all’utilizzo esasperato di prodotti per la bellezza da parte di giovanissimi (soprattutto dagli 8 ai 14 anni di età)”, spiega al FattoQuotidiano.it la dottoressa Elisa Valteroni, psicologa-psicoterapeuta e ricercatrice affiliata al Centro di Terapia Breve Strategica di Arezzo di cui coordina l’Unità clinica per i disturbi alimentari. “Di fatto, non è considerato dalla comunità scientifica come un quadro psicopatologico a sé stante, ma è possibile riconoscerlo in patologie note, come il disturbo di dismorfismo corporeo e i disordini alimentari, problematiche spesso associate nella stessa persona e che condividono una caratteristica di fondo: la distorsione dell’immagine corporea”.

Una percezione distorta del proprio corpo
Come spiega l’esperta, nella cosmeticoressia la distorsione dell’immagine corporea si concentra su presunti difetti estetici, come la forma o la dimensione di parti del corpo – il naso o la bocca – oppure su aspetti della pelle come cicatrici, rughe, impurità, brufoli, colore. Ogni zona può essere oggetto di pensieri ripetitivi, persistenti e angoscianti che tendono a monopolizzare l’attività mentale e a dirigere i comportamenti. “La persona si trova così a trascorrere la maggioranza del tempo nel tentativo di nascondere, camuffare, migliorare o eliminare il difetto, a controllarlo ripetutamente attraverso specchi, superfici riflettenti, fotografie e a confrontare la propria immagine corporea con quella degli altri cercando invano rassicurazioni”, sottolinea Valteroni.
I tentativi di ridurre e gestire queste ossessioni amplificano la preoccupazione e l’impellenza di correggere il difetto percepito, contribuendo così al mantenimento e aggravamento della patologia. “La via salvifica iniziale, ‘mi trucco per coprire i brufoli e sentirmi più sicura’ diventa così una prigione dalla quale la giovane fa sempre più fatica a uscire e che porta a spegnere l’entusiasmo e il coinvolgimento per la vita relazionale, sociale, scolastica e per la progettualità.

Non sempre è sintomo di un disturbo
Non tutti i preadolescenti e gli adolescenti che cercano informazioni per migliorare il proprio aspetto fisico e intraprendono azioni di valorizzazione e dimagrimento sviluppano una psicopatologia, “ma è bene sottolineare come il disturbo da dismorfismo corporeo e i disordini alimentari siano sempre più diffusi e si affacciano già verso gli 8-10 anni”, continua l’esperta. Una precocità che richiede di intervenire tempestivamente cercando di cogliere i sintomi di questi disagi. Con la consapevolezza che siamo di fronte a patologie che hanno origine in più fattori, dalla genetica, alla sfera psichica e ambientale, come le relazioni familiari e sociali.

Occhi puntati sui social
Oltre ai modelli estetici veicolati dalla famiglia e soprattutto dai coetanei e promossi dai mass media, un ruolo significativo lo svolgono i social che stabiliscono sempre più i confini di ciò che è desiderabile o meno in campo estetico, proponendo espedienti per raggiungerli e “contribuendo a sviluppare e rafforzare l’idea che la perfezione del corpo sia raggiungibile e che questa si traduca in autoefficacia, benessere e successo personale”, sottolinea la psicologa. “L’influencer diventa così emblema e personificazione di questo messaggio, tanto suggestivo soprattutto per i più giovani che si trovano a fronteggiare cambiamenti corporei che sfuggono al loro controllo e a dover rispondere a compiti evolutivi della loro persona sempre più complessi che li espongono al giudizio personale e sociale”. Le ricerche internazionali mettono in evidenza un dato fondamentale: con l’aumentare del tempo impiegato sui social, come condividere foto, visualizzare o commentare immagini e corpi, aumentano in modo significativo l’insoddisfazione per la propria immagine e i comportamenti di controllo e verifica del proprio corpo. “Le pratiche legate ai temi sull’aspetto estetico approfondite sui social media ci possono predire in modo significativo l’insorgenza di disturbi dell’immagine corporea”. Quale sarebbe il meccanismo psicologico? “Queste pratiche sembrano aumentare la preoccupazione verso i propri difetti amplificando sia l’attenzione selettiva che la rimuginazione su una specifica parte del corpo e contribuendo a una visione distorta della realtà esterna e del giudizio altrui verso il proprio aspetto”.

C’è il rischio di sottovalutare
Questi segnali possono essere sottovalutati perché rientrano in buona parte tra i comportamenti condivisi e avvalorati dalla società. Per questo è importante verificare la presenza di altri indicatori che esprimano un disturbo come la cosmeticoressia. Come sottolinea l’esperta, altri sintomi sono un “aumento del tempo impiegato a controllare il proprio corpo con lo specchio o i confronti con le immagini proposte dai social; incremento dei comportamenti per camuffare, nascondere il difetto percepito (acquisto di cosmetici sempre più frequente e massiccio, uso sempre più inflessibile di specifici capi di abbigliamento, richiesta e ricorso di medicina e chirurgia estetica); tendenza alla riduzione dell’esposizione sociale e della frequentazione degli amici che diventano subordinate a massicce pratiche di controllo del difetto tanto che nei casi più gravi si assiste all’isolamento sociale; cambiamenti nell’espressione delle emozioni, in generale maggiore disforia e chiusura emotiva, minor controllo della rabbia e irascibilità, soprattutto quando i familiari cercano di ridimensionare o negare il difetto estetico e/o sollecitano a interrompere i comportamenti di monitoraggio e di correzione, per esempio riducendo la disponibilità di denaro per l’acquisto dei cosmetici”.

Come si cura
Alla fine, più ci si concentra mentalmente sul difetto estetico, più aumentano l’angoscia, le pratiche per correggerlo; per contro, diminuiscono altri interessi e il coinvolgimento con gli amici, la scuola, il lavoro, gli hobbies. E così la situazione si aggrava. È a questo punto che non si deve indugiare e intervenire con la psicoterapia. “La psicoterapia breve strategica ha elaborato protocolli di intervento differenziati per il disturbo da dismorfismo corporeo e per i disordini alimentari che operano sia sui fattori individuali, come quelli percettivi-emotivi, le credenze, le rappresentazioni mentali e i comportamenti, sia familiari di mantenimento e aggravamento delle patologie”, sottolinea Valteroni. “In questo modo”, conclude, “si mira prima di tutto a sbloccare i sintomi più invalidanti per poi procedere allo sviluppo e al consolidamento delle risorse personali, dell’autoefficacia e dell’autostima”.

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