Spagna: nel voto basco Pnv tiene il governo, raggiunto da Bildu

In uno spasmodico testa a testa tra le forze nazionaliste, il Paese Basco ha votato oggi consegnando la vittoria a EH Bildu, il partito della sinistra indipendentista erede di Batasuma, l’ex braccio politico dell’Eta guidato da Arnaldo Otegi. Riuscito nell’impresa di sfiorare il sorpasso sul conservatore Partito nazionalista basco (Pnv), in un pareggio in numero di seggi, che dà al partito egemone da 40 anni nella regione con tre legislature consecutive alle spalle, la possibilità di rinnovare l’accordo di coalizione di governo con i socialisti del Pse della passata legislatura. Con il 97% dei voti scrutinati, Bildu, con il candidato a governatore Pello Otxandiano, ottiene 27 seggi (sui 75 della Camera basca), 6 in più delle elezioni del 2020 in piena pandemia. Lo stesso numero del Pnv, che con il candidato a governatore, il 49enne Imanol Pradales, succeduto a Inigo Urkullu, perde 4 dei 31 scranni registrati nella scorsa legislatura. Un serio segnale per il partito nazionalista conservatore.

In una Camera basca dove le due forze nazionaliste sommano 54 dei 75 deputati, saranno ancora i socialisti del Pse, che si conferma terza forza con 12 seggi (+2) ad avere le chiavi della governabilità. Il suo candidato, Eneko Andueza, ha già detto di voler rinnovare il governo di coalizione con il Pnv, confermando l’intesa vigente dal 2016. Lo stesso premier socialista spagnolo, Pedro Sanchez, ha escluso una coalizione con il partito di Otegi, nonostante le due forze basche siano entrambe vitali, assieme ai partiti catalanisti, per l’appoggio esterno al governo progressista Psoe-Sumar a Madrid. Il Partito Popolare, rinnovato con il candidato Javier de Andres, che aspirava a concentrare il voto di centro destra, ottiene 7 seggi guadagnandone uno. L’ultradestra Vox, mantiene il suo unico rappresentante. Mentre a sinistra Podemos registra una debacle e perde i 6 voti ottenuti nel 2020, restando fuori dal Parlamento basco.

Paga il divorzio dalla sinistra confederata Sumar, la coalizione guidata dalla vicepremier Yolanda Diaz, che al suo esordio al parlamento di Ajuria Enea conquista un solo seggio. E anche se il trionfo elettorale di Bildu non si tradurrà in un governo ‘abertzalè, radicale basco, per il ‘nò espresso dagli altri partiti ad allearsi con esso, il risultato conferma il consenso alla svolta strategica voluta da Otegi, ex leader di Batasuna, di mettere in secondo piano le rivendicazioni identitarie e indipendentiste – seppure senza rinunciarvi – per centrarsi sulle questioni sociali ed ampliare in maniera trasversale la base di consenso. Moderno progressista, ecologista, femminista, Bildu si rafforza come l’alternativa progressista, anche grazie all’appoggio esterno al governo socialista di Pedro Sanchez, che gli ha aperto una finestra di opportunità, con la convergenza sulle politiche sociali.

Bildu ha puntato su una nuova generazione rappresentata da Pello Otxandiano, 40 anni, ingegnere delle comunicazioni con una carriera in Svezia, riuscito a suscitare nell’elettorato basco la speranza in un nuovo ciclo, senza l’ipoteca del terrorismo. E nonostante il rifiuto dello stesso Otxandiano di qualificare l’Eta come «organizzazione terrorista», ma piuttosto piuttosto “gruppo armato», che gli ha attirato la condanna unanime dei partiti e delle associazioni di vittime nella retta finale della campagna. Tredici anni dopo l’abbandono della lotta armata da parte dell’Eta, sei dopo il definitivo scioglimento, i baschi dimostrano di voler voltare pagina rispetto al passato, lasciandosi alle spalle il fantasma dell’Eta. Il politologo Pablo Simon rimarca che «solo il 20% è a favore dell’indipendenza», per cui il voto drenato da Bildu riguarda il dibattito sulle politiche pubbliche e la capacità di catalizzare la stanchezza per lo status quo e il malcontento e le inquietudini dei giovani rispetto al futuro.

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