Putin e le elezioni europee, il fronte pro-Kiev rischia di indebolirsi (dopo la sconfitta di Macron): cosa può succedere ora?

È un’Europa attraversata da profonde crisi politiche, con capi di Stato e di governo che annunciano le dimissioni a cominciare dal francese Macron, quella che dovrà affrontare i mesi più delicati, forse decisivi, della guerra russo-ucraina. E Putin non può che rallegrarsi per le contraddizioni che emergono, per la mancanza di leader trainanti continentali quale sembrava volesse proporsi Macron, anche annunciando il possibile invio di soldati occidentali in Ucraina, e per la possibilità che prendano forza movimenti e formazioni propensi a chiudere il conflitto in Ucraina e riprendere contatti e relazioni con Mosca in un’ottica di collaborazione continentale a difesa delle economie nazionali europee. Col risultato, paradossale, che se Putin riuscirà a consolidare le sue conquiste territoriali in Ucraina, potrà sentirsi incoraggiato a perseguire una politica imperialista ed espansionista in altri Paesi, dalla Moldavia alla Georgia e, forse, ai Baltici. Con la conseguenza a di un rischio aumentato di estensione del conflitto.

Incertezze

L’Europa di fronte agli scenari di guerra continuerà a mantenere nei prossimi mesi le incertezze evidenziate nell’ultimo anno, a mostrare la sua debolezza. Non si vedono all’orizzonte leader in grado di contrapporsi con eguale assertività a Putin, e idee molto diverse sul conflitto russo-ucraino e sui rapporti con gli Stati attraversano le stesse famiglie politiche, per non parlare degli schieramenti nazionali. Colpisce che escano sconfitti sia il presidente francese Macron, alfiere negli ultimi mesi di un’Europa coraggiosamente impegnata contro l’espansionismo russo, sia il cancelliere tedesco Scholz, che invece si è distinto per la titubanza nel concedere sistemi d’arma avanzati a Zelensky e il loro impiego in territorio russo. Segno che non è la politica estera, in queste elezioni che pure sono europee, a determinare vincitori e vinti. La destra conservatrice moderna di Giorgia Meloni ha compiuto una scelta di campo atlantista, in linea con le posizioni americane, mentre la destra più o meno estrema di altri Paesi sembra impaziente di mettere fine al braccio di ferro con Putin.

In Germania, a prevalere è la destra democratica di Ursula von der Leyen, tenacemente schierata al fianco di Kiev contro Mosca. Ma Putin vede al tempo stesso crescere in Europa un’estrema destra che non gli è ostile. I giochi non potranno cambiare sul brevissimo periodo, perché le forze d’opposizione che diventano forze di governo assumono di solito la responsabilità di non rivoluzionare gli schemi di politica estera consolidati. Si trasformano in forze moderate, come in Italia. O negli Usa, quando Trump è andato alla Casa Bianca. Se prevale il sovranismo, emergono con più forza gli interessi nazionali, e la Francia continua a “fare la Francia” ma con rinnovato vigore e lo stesso vale per la Germania, l’Italia e tutti gli altri.

Dottrina

Putin ha sempre detto di avere sposato la dottrina della pazienza, preconizzando la rivolta dei popoli dell’Unione contro i loro stessi governi. Previsioni rafforzate ora dalla confusione e frammentazione del nuovo Europarlamento, così come dalla tenuta di formazioni che nel loro complesso o per singoli esponenti a lui più vicini, potranno portare avanti una campagna di conciliazione e condiscendenza verso la Federazione russa. Per Zelensky, si conferma la giustezza della sua iniziativa diplomatica, indirizzata a trattare coi singoli Paesi europei in un formato bilaterale, cercando di ottenere il massimo in termini di armi e finanziamenti non più su base continentale. La prossima Europa sarà quella non solo delle nazioni, ma dei blocchi: la Scandinavia e la Gran Bretagna (che è Paese europeo, anche se non Ue) insieme agli Stati Baltici e alla Polonia, da sempre diffidenti, per una fondata paura, verso Mosca, e integrati con convinzione nella rete di difesa Nato.

Poi i grandi Paesi: la Germania, con le sue storiche ambiguità verso Mosca, la Francia che rivendica la leadership europea, forte anche dell’arma nucleare, ma la declina di volta in volta in chiave europeista, spesso critica verso gli Stati Uniti. E l’Italia che ha come bussola l’interesse nazionale e lo interpreta secondo le circostanze. Oggi, al fianco degli Usa. Naturalmente, nessuna strategia potrà essere definita dalla “nuova” Europa, a maggior ragione se lo scettro rimarrà ai singoli Paesi con poteri di veto, finché non si chiuderà la partita elettorale in Usa, dove la scelta sarà fra la tentazione isolazionista di Trump e l’atlantismo di Biden. 

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