Casini: «Bipolarismo nato con il Cav. La famiglia? Ha dato una grande prova, i figli un esempio di unità»

Nella lunga stagione della Seconda Repubblica, quella apertasi nel post-Tangentopoli, Pier Ferdinando Casini, bolognese, classe ‘55, senatore eletto da indipendente nelle file del Pd, ha avuto con Silvio Berlusconi un rapporto altalenante, che definire dialettico è poco. Prima alleato, quando da ex Dc scelse il centrodestra del Cav, poi uomo delle istituzioni (presidente della Camera) in quella stagione politica, poi ancora fiero avversario (il famoso «i nostri valori non sono in vendita», molti anni prima del «che fai mi cacci?» finiano) e infine con un rapporto più umano che politico, fino all’ultimo incontro ad Arcore, a marzo del 2022.

Presidente Casini, il primo pensiero rispetto al primo anniversario della scomparsa di Berlusconi?

«In realtà sono due. Berlusconi è mancato un anno fa all’affetto dei suoi cari, dei suoi amici, della sua famiglia. Poi sono successe delle cose. Una personale e una politica».

Partiamo da quella personale?

«I suoi figli hanno dato una grande prova di amore paterno e di concordia familiare. Di fronte a famiglie lacerate dall’odio, questa esemplarità dei cinque figli di Berlusconi è una cosa che gli farebbe piacere e che è anche il frutto del rapporto con lui. Ho vissuto con Silvio per lunghi anni, in buona e cattiva sorte, in concordia e litigio reciproco, ma l’amore per i suoi figli è sempre un punto che lo ha contraddistinto. E come padre ha ricevuto un bel regalo, sia nel giorno delle esequie che dopo con l’eredità e il testamento: un esempio di intelligenza, concordia, unità».

E il fatto politico accaduto?

«Che Forza Italia, il suo partito, è sopravvissuto a Berlusconi. Per anni si è detto che non ce l’avrebbe fatta, invece la politica ha dimostrato la sua varietà, tanto che Forza Italia ha anche migliorato, alle Europee, il suo risultato».

Cos’altro resta del Cav?

«La posizione strategica che scelse con la sua discesa in campo, cioè di stare nel Ppe, il Partito Popolare Europeo. Posizione che, dalla caduta della Prima Repubblica, non ha mai cambiato. Fu Helmut Kohl ad aprirgli la strada, e da allora Forza Italia è sempre rimasta una compagine moderata in Europa. A volte, qualche osservatore, si è interrogato sulla fortuna di Antonio Tajani. A parte che è importante anche avere fortuna, ma in politica poi contano i meriti: e il suo è quello di aver tenuto la barra dritta, sempre nel Ppe».

I demeriti di Berlusconi?

«Sul giudizio storico restano le divisioni, ma è logico che sia così. è stato allo stesso tempo un personaggio divisivo ed unitivo. Divisivo perché ha diviso il Paese in due. Unitivo perchè ha uniti sia la destra, che la sinistra contro di lui. Per molto tempo la sinistra ha rinunciato a pensare cosa volesse in nome dell’anti-berlusconismo».

Quello che anche gli avversari gli riconoscono è che, senza il Cav, probabilmente non ci sarebbe stato il bipolarismo in Italia.

«Di sicuro ha avuto il merito storico di trasformare la Lega di Bossi da partito secessionista a federalista. E di sdoganare la destra che, con Fini, realizzò la svolta di Fiuggi, favorita dall’ingresso nel governo Berlusconi. Certo, c’è stata l’illusione che questo bipolarismo fosse virtuoso, che il centrodestra fosse sempre più centro e sempre meno destra, e che ci fosse una sinistra legittimata a governare. Oggi c’è una destra-destra a guida Meloni, un bipolarismo all’arma bianca che non mi piace».

Torniamo alle ombre di Silvio. Le più grandi?

«Non essersi liberato del conflitto d’interesse e aver voluto affrontare la questione giustizia con riforme ad personam. Questa è stata la sua zavorra e anche la ragione per cui, presa questa china estremista, una parte del mondo che lo aveva sostenuto, tra cui noi, ha diviso la sua vita da lui. Ah, apro una parentesi: io e chi mi seguì nel 2008, facemmo una svolta alla luce del sole. Rompemmo in campagna elettorale e non dopo essere stati eletti, magari anche grazie ai suoi voti».

Torniamo all’inizio. Un anno dopo, quale pensiero prevale?

«Guardi, qualcuno dice che quando le persone muoiono si tende a rivalutarle… Ma è anche un fatto di umanità. Io ho litigato pesantemente con Berlusconi, ma ha sempre avuto degli slanci di umanità e di mancanza di cattiveria verso gli avversari politici».

In che senso?

«Visto che era un personaggio a cui piaceva piacere, la soddisfazione maggiore sarebbe stata per lui quella di piacere ai suoi avversari. E c’è stato un momento preciso in cui questo è successo».

A quale si riferisce?

«Al discorso del 25 aprile del 2009 ad Onna, con il fazzoletto tricolore della Brigata Maiella al collo. Lì Berlusconi ha legato indissolubilmente il valore dell’antifascismo alla destra italiana. Purtroppo vedo qualche tendenza a dei passi indietro, ma mi auguro che sia soltanto un momento passeggero».

Sabato e domenica scorsa si sono tenute le elezioni Europee. Di fronte ad una Ue con leader indeboliti o dimezzati, Meloni a parte, oggi servirebbe un Berlusconi in Europa?

«Probabilmente favorirebbe l’incontro tra le famiglie politiche che hanno retto l’Unione europea, cioè Popolari, Socialisti e Liberali».

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